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cultura · affabulazioni
Friedrich Nietzsche, da “Umano troppo
umano II”.
Di Laura Mandozzi
Ricordi? - Da piccolo era divertente giocare
a rincorrere la propria ombra, o al contrario,
farsi rincorrere da essa senza riuscire a tro-
varne la distanza. - Ricordi? - “Acchiappare”
l’ombra dell’altro era un gioco meno faticoso.
La verità è che per tutta la vita si rincorre o si
resta aggrappati pur non volendo alla propria
ombra.
L’Ombra assomiglia all’Anima: non
è fatta per essere “comoda”
, è lì quando
non la vuoi, e si allontana quando vorresti in
qualche modo stringerla a te.
Le ombre che viviamo noi tutti, e che vivono i
nostri ragazzi a volte vorremmo strapparcele
via dai piedi, altre vorremmo che qualcuno
le ricucisse come fa
Wendy
con
Peter Pan
,
per non perdere pezzi di identità. Per quanto
assomiglino agli incubi, d’altro canto ci rendo-
no visibili al mondo, agli occhi nostri e a quelli
degli altri. Sono ingannevoli, dipendono dalla
posizione del sole. Anche l’ombra di un pig-
meo potrebbe sembrare mostruosa se il sole
fosse abbastanza basso, e la paura dell’ombra
è altrettanto mendace: non è forse la luce a
crearla? - Perché allora temerla tanto se si è
consapevoli che la luce è vicina?
Allora, mi domando: quando siamo Persona,
come suggerisce il filosofo?
Direi: quando siamo pronti a vivere sotto il sole
di mezzodì, quando non rincorriamo e non
siamo rincorsi dalla nostra ombra. Quando lo
zenith ci rende possibile vivere senza ombra,
ma non privandoci di essa; ma rendendoci
coesi ed unici con essa.
Ecco i ragazzi che oggi festeggiano le loro
dimissioni, onorano il loro percorso coraggio-
so accanto alle proprie ombre, a quelle degli
altri, alla paura di esse e al valore della scop-
erta di non poterne fare a meno, o di dovere
imparare semplicemente a non farsi sopraffare
dalla paura di essa. Smettere di rincorrere o
sentirsi rincorsi tornando alla metafora disne-
yana, in cui Wendy ricuce l’ombra sia piedi di
Peter Pan, immagino che l’ombra sia come
un tessuto, una seconda pelle. Ci vuole una
saggezza paziente per cucire e riunire pezzi di
anima sdrucita dal dolore, dalla violenza, dalla
povertà o semplicemente pezzi sparpagliati
dalle tempeste dell’esistenza.
Aver paura della propria Ombra è come
aver paura della nostra essenza
. Oggi sotto
il sole di mezzodì festeggiano la loro ombra
ormai viva in loro, non più spaventosa, ma
compagna di vita!
Avevo voglia di ridere davvero e con qual-
cuno, voglia di essere amato per quello che
ero, con tutti i miei pregi e i miei difetti.
Avevo voglia di vivere. E non lo stavo facen-
do.
Di Luca Inciccio.
Ognuno di noi, all’inizio della propria vita, si
ritrova una situazione che, bella o brutta che
sia, non può scegliersi. Il viaggio nel mondo
inizia così: con dei genitori che saranno in
grado di darci più o meno amore, protezione,
affetto, immettendoci nella carreggiata della
vita come meglio sanno fare. Poi cresciamo, a
siamo noi, con il bagaglio di esperienze, senti-
menti ed emozioni a muoverci nella quotidian-
ità. Siamo noi a decidere che strada prendere
e che cosa fare di noi stessi. Avevo paura di
essere ciò che ero e di vivere ciò che andava
vissuto e affrontato. Non mi piacevo. L’uomo
nero ero io, con tutto quello che sentivo giorno
dopo giorno. Per allontanarmi dai miei demoni
sono dovuto ricorrere a stratagemmi alterna-
tivi, non dovevo pensare e pian piano ce l’ho
fatta. Ho scelto di chiudermi in una bolla di non
realtà dove tutto appariva più dolce e ovattato
grazie all’alcol. Quindi la vita è andata avanti
così. Come un’enorme finzione. Chi ero? -
Non lo so. Un moto perpetuo alla deriva, in
balia degli eventi e delle situazioni che avevo
creato attorno a me. Non reggevo più il timone
della mia mente, della bussola delle emozioni
e nell’immensa confusione che avevo, l’unica
cosa che ho iniziato a sentire sono state la
paura e il dolore. Incredibile. Sentivo solo ciò
da cui ero sempre fuggito.
Avevo voglia di ridere davvero e con qualcuno,
voglia di essere amato per quello che ero, con
tutti i miei pregi e i miei difetti. Avevo voglia di
vivere. E non lo stavo facendo. Allora mi sono
fermato, ed ho chiesto aiuto. Per la prima
volta dopo tanto tempo mi sono mostrato per
quello che ero. Impaurito, fragile, insicuro e
anche arrabbiato. E mi è piaciuto. Mi sono
sentito libero di nuovo, dopo tanto tempo. Per
fare questo c’era un’unica regola che per me
era fondamentale: dovevo, che mi piacesse o
no, stare con me stesso e ho iniziato a farlo.
Essere determinato, fidarmi delle persone,
gustare le emozioni nella loro forma più vera
ed autentica; il calore umano, la gioia o anche
il semplice esser sereno. La curiosità ha
preso il sopravvento e per quanto ho potuto,
ho cercato di conoscermi il meglio possibile
e, soprattutto, ad accettarmi per quello che
sono. Ho iniziato per la prima volta a darmi
importanza, a volermi bene. Il tempo è passato
e il mio percorso è finito. Ora tutto è in mov-
imento, è un continuo alternarsi di eventi ed
emozioni. Ora so di avere un valore.
Se un giorno si vuol essere
una Persona, bisogna tenere
in onore anche la propria ombra
Speciale dimissioni.
Oratuttoèinmovimento,èuncontinuo
alternarsi di eventi ed emozioni
Speciale dimissioni.