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cultura · affabulazioni
NICOLAI LILIN
Storie sulla pelle
È uno scrittore russo, di origine siberiana, nato
nel 1980 a Bender. Scrive in lingua italiana.
Lilin è il suo pseudonimo da scrittore, scelto
in omaggio alla madre dell’autore, Lilia. In
russo infatti Lilin significa “di Lilia”. Il suo
vero nome, così come riportato all’anagrafe
italiana, è Nicolai Verjbitkii. Gli antenati di
Nicolai appartenevano ad una grande famiglia
siberiana di esploratori, fuorilegge, cacciatori e
mercanti che avevano origini russe, polacche,
ebree e tedesche. Nel 2004 si trasferisce
in Italia. In Piemonte prima, tra Torino e
Cuneo. Dal 2010 vive e lavora a Milano.
Nel 2009 pubblica per Einaudi Educazione
siberiana, il suo romanzo d’esordio, scritto
direttamente in italiano, che diventa subito un
caso editoriale. È stato tradotto in ventiquattro
lingue e ha venduto finora i diritti a ventisei
altri paesi nel Mondo. L’interesse su questo
romanzo arriva anche al mondo del cinema: il
premio Oscar Gabriele Salvatores ha diretto la
trasposizone cinematografica di Educazione
siberiana. Il film è uscito nel febbraio 2013 e
uno dei protagonisti è John Malkovich. Nel
2011 chiude la trilogia ispirata alle storie di vita
vissuta dall’autore il libro “Il respiro del buio”
(Einaudi). Nel novembre 2012 esce “Storie
sulla pelle”, un libro di racconti e immagini che
si addentra in un territorio che nessuno ha mai
esplorato: il mondo dei tatuaggi siberiani.
Oltre a dedicarsi alla scrittura dei suoi romanzi,
Nicolai Lilin scrive per La Repubblica e
L’Espresso, ha una rubrica su XL di Repubblica
e collabora con altri magazine.
Storie sulla Pelle.
Si dice che raccontare la
propria vita serva a comprenderla. Ci sono
esperienze, però, su cui le parole non hanno
presa: si può solo «soffrirle» una seconda
volta sulla propria pelle. I criminali siberiani
le loro vite se le portano addosso, incise
dalla mano esperta del kol’sik: sacerdote e
custode della tradizione, il tatuatore è l’unico
a comprendere fino in fondo la lingua arcana
dei simboli. Ma i tatuaggi, mentre raccontano
delle storie, ne creano altre: generano incontri
ed equivoci, stabiliscono legami, decidono, a
volte, della vita e della morte. Ed è attraverso
questo vortice di storie che Nicolai Lilin ci
conduce dentro la tradizione dei «marchi»
siberiani. Sei racconti diversissimi - comici o
disperati, violenti, romantici, rocamboleschi
- nei quali ritroviamo alcuni dei personaggi
memorabili di Educazione siberiana - la
banda di minorenni capitanata da Gagarin, il
colossale Mel, nonno Boris e gli altri vecchi
fuorilegge di Fiume Basso - e ne incontriamo
di nuovi: Oliva, che spara come un sicario e si
porta sempre appresso la foto di una donna;
Styopka con il suo amore impossibile; Pelmen,
che pagherà caro un tatuaggio sbagliato nel
posto sbagliato; e ancora Kievskij, criminale
di Seme nero; il vecchio hippy Batterista in
perenne lotta con una direttrice dittatoriale; il
terribile Treno e la virginale Cristina. A fare da
filo rosso, c’è la voce inconfondibile di Nicolai
«Kolima» e la storia della sua formazione da
tatuatore.
Dai primi tentativi in forma di gioco
all’apprendistato nel laboratorio di nonno
Lësa, fino all’esercizio di una vera e propria
professione, il cammino di Kolima si rivela una
messa a fuoco progressiva che dalla superficie
- l’estetica affascinante dei simboli - si muove
verso «il centro esatto del mistero».
MONI OVADIA
Il senso del viaggio
Nasce a Plovdiv in Bulgaria nel 1946, da
una famiglia ebraico-sefardita. Dopo gli studi
universitari e una laurea in scienze politiche
ha dato avvio alla sua carriera d’artista come
ricercatore, cantante e interprete di musica
etnica e popolare di vari paesi. Nel 1984
comincia il suo percorso di avvicinamento al
teatro, prima in collaborazione con artisti della
scena internazionale, come Bolek Polivka,
Tadeusz Kantor, Franco Parenti, e poi, via
via proponendo se stesso come ideatore,
regista, attore e capocomico di un “teatro
musicale” assolutamente peculiare, in cui le
precedenti esperienze si innestano alla sua
vena di straordinario intrattenitore, oratore e
umorista. Filo conduttore dei suoi spettacoli e
della sua vastissima produzione discografica e
libraria è la tradizione composita e sfaccettata,
il “vagabondaggio culturale e reale” proprio
del popolo ebraico, di cui egli si sente figlio e
rappresentante, quell’immersione continua in
lingue e suoni diversi ereditati da una cultura
che le dittature e le ideologie totalitarie del
Novecento avrebbero voluto cancellare, e di
cui si fa memoria per il futuro.
MON.VINICIO ALBANESI · MONI OVADIA
GIUSEPPE FRANGI L’Uomo Nero Sono Io
mon. Vinicio Albanesi.
È nato il 20 settembre
1943 a Campofilone, un paesino della provin-
cia di Ascoli Piceno. Sacerdote della Diocesi
di Fermo, è abate-parroco dell’antica abbazia
di S. Marco alle Paludi, direttore della Caritas
Diocesana e insegnante di Diritto Canonico
presso l’Istituto Teologico Marchigiano, sezio-
ne di Fermo (affiliato alla Pontificia Università
Lateranense di Roma). È stato per 10 anni
presidente del Tribunale Ecclesiastico
Regionale. Dal 1990 al 2002 è stato presiden-
te del Coordinamento Nazionale Comunità di
Accoglienza (C.N.C.A.). Agli inizi degli anni ‘70,
durante gli studi presso la Pontificia Università
Gregoriana, partecipa direttamente alla nascita
della Comunità di Capodarco di Roma; dopo
qualche anno, con la carica di vicepresiden-
te a livello nazionale, fa ritorno nelle Marche
dove assume la responsabilità della Comunità
di Capodarco di Fermo, luogo in cui la stessa
era stata fondata nel Natale del 1966 ad opera
di don Franco Monterubbianesi ed altri. Nel
1994 diventa responsabile della Comunità di
Capodarco nazionale, organismo che federa
attualmente 14 comunità residenziali, sparse in
10 regioni, con un migliaio di soci. Succedendo
nel ‘90 a don Luigi Ciotti, che lo aveva guidato
per 8 anni, don Albanesi prende in mano le redini
del C.N.C.A., che raccoglie oltre 250 gruppi su
tutto il territorio nazionale. Accanto a un’intensa
attività pubblicistica (Famiglia Cristiana, Jesus,
Vita Pastorale, Il Regno ecc.) e di relazione con-
tinua con le principali testate laiche nazionali,
don Albanesi pubblica i primi due dei suoi sei
libri con le Edizioni San Paolo. Nel 1998 esce “Il
Dio della compagnia - Per una spiritualità della
condivisione” (prefazione di Michele Serra). Nel
novembre 1999 è a volta di “Le tribù dell’antico
mondo - Lettera ai nipoti sul vecchio millennio.
Nel 2000 esce “La dolcezza di Dio”, Edizioni
Dehoniane. Nel novembre 2002, ancora per le
Edizioni San Paolo, esce “Preghiere probabili”,
raccolta di poesie e preghiere nate dall’esperien-
za del contatto e dell’accoglienza con persone
emarginate o in difficoltà (prefazione di Ferruccio
De Bortoli). E nel 2004 escono per le edizioni
San Paolo “Voglia di credere” e per le edizio-
ni Dehoniane “Fede quotidiana”. Nel febbraio
del 2001, don Albanesi promuove l’apertura
dell’Agenzia giornalistica quotidiana Redattore
Sociale, prima testata in abbonamento edita da
una realtà del terzo settore.
Giuseppe Frangi.
Nato a Milano nel 1955, sposato, 5 figli. Ha
compiuto studi di Storia dell’arte. Giornalista dal
1983, Dal 2001 è direttore di Vita non profit men-
sile e sito di riferimento del non profit italiano. Ha
iniziato lavorando alla redazione del settimanale
Il sabato che ha diretto tra 1988 e 1990. È stato
vicedirettore del mensile 30Giorni, caporedatto-
re centrale al quotidiano L’Informazione (1995),
caporedattore a La Stampa redazione milanese,
dove con Paolo Pietroni ha partecipato al varo
del magazine Lo Specchio (1996-1997), condi-
rettore del mensile Class (1998-2001). Nel 1998
ha fondato l’Associazione Giovanni Testori di cui
è presidente. È editorialista per le pagine milane-
si del Corriere della Sera, per l’Eco di Bergamo
e per La Provincia di Como e per il quotidiano
online Il Sussidiario.
FRANCO RELLA
Ulisse: il limite e la metamorfosi
Franco Rella è nato a Rovereto nel 1944 dove
risiede. È stato professore ordinario di Estetica
presso la Facoltà di Design e Arti dello IUAV di
Venezia, che ha lasciato anticipatamente nel
momento in cui lì, come in tutta l’accademia,
si andava restringendo lo spazio critico. Ha
partecipato a seminari e convegni, soprattutto
in materia di estetica, in molte istituzioni
accademiche italiane e straniere presso le quali
ha anche soggiornato come Visiting Professor.
È stato prima membro poi coordinatore (1989-
1996) del Comitato scientifico, in qualità di
esperto di estetica, insieme a Jean Clair, M.
Garberi, D. Ronte, F. Bauman, a P. Fossati
e F. Oberhuber, P. Schiera, G.L. Salvotti, del
MART, Museo d’arte moderna di Trento e
Rovereto. Franco Rella è stato membro del
CdA della Fondazione Bevilacqua - La Masa
di Venezia. Ha inoltre collaborato a iniziative
artistiche e a esposizioni con saggi in catalogo
presso il Museo palazzo Forti e la Galleria
dello Scudo di Verona, il centro calcografico di
Roma, il Palazzo Bricherasio di Torino, Il Muso
Civico di Riva, I Cantieri di Palermo, il Goethe
Institut di Palermo, l’Università degli Studi di
Palermo, la Galleria d’Arte Moderna di Roma
e il Museo d’Orsay di Parigi, il Pac di Milano,
la Galleria Civica di Modena, oltre a numerosi
interventi in cataloghi presso Istituzioni,
Gallerie private e Fondazioni. Ha collaborato
al progetto “Anversa: capitale europea della
cultura 1993”. Ha diretto collane editoriali
(Bertani, Feltrinelli, Cluva, Pendragon), è stato
redattore o ha collaborato a numerose riviste
italiane, francesi, spagnole, argentine, belghe,
olandesi, nordamericane e sudamericane,
greche, neozelandesi ecc. Ha collaborato con
l’Unità e con La Repubblica. “Sono stato
e sono ancora un lettore e uno studioso
«onnivoro». Mi sono mosso lungo le linee di
confine tra le varie discipline ma percorrendo
anche i sentieri laterali. Sono sposato, ho una
figlia e un nipote di un anno e mezzo.”
ASCANIO CELESTINI
in “Racconti d’Estate”
“Mi chiamo Ascanio Celestini, figlio di Gaetano
Celestini e Comin Piera. Mio padre rimette a
FOF CIRCUS AMA FESTIVAL EDITION
Duo Kaos.
Luis Paredes e Giulia Arcangeli .
Acrobatica e giocoleria “mano a mano” Una strana
coppia e un tocco di follia. Giocoleria e mani-
polazione di oggetti, acrobatica aerea e mano a
mano, sono le tecniche che il duo porta in scena
nei più diversi contesti. Dai convegni di giocoleria
ai festival di circo e di strada, attraversando tutta
l’America Latina e il Vecchio Continente.
Di Filippo Marionette.
Remo Di Filippo e Rhoda
Lopez . “Appeso ad un Filo”, è il primo spet-
tacolo della compagnia “Di Filippo Marionette”.
Nello spettacolo appaiono svariate marionette, che
attraverso la manipolazione dell’attore e marionet-
tista Remo Di Filippo, e della sua collaboratrice
australiana Rhoda Lopez, vivranno storie poetiche
e surreali.
Giorgio Bertoldi.
Unicycle dreams man. Uno spet-
tacolo tra “classico e profano”. Da 8 anni gira per le
piazze e i festival di tutta Europa, portando allegria,
spontaneità, freschezza, comicità e monocicli. Lo
spettacolo nasce con l’idea di rendere la piazza un
luogo di scambio, un luogo vivo, dove poter con-
dividere con il pubblico complice e a volte attore
protagonista, un momento spensierato e giocoso.
Rulas Quetzal.
Il mangiafuoco e il rito del fuoco Un
messicano “azteca” unisce fuoco e percussioni ,
con stile unico che porta indietro nel tempo.
Filosofia e i suoi Eroi”,
),
punto di riferimento per il dibattito filosofico on
line. Ha svolto un dottorato in “Filosofia della
storia” presso l’Università Vita-Salute San
Raffaele di Milano. Dalla primavera del 2011
è ricercatore in Storia della Filosofia presso la
facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute
San Raffaele di Milano. Dall’autunno del 2012,
è membro del collegio docenti del “Dottorato
in Metafisica” dell’Università San Raffaele.
posto i mobili, mobili vecchi o antichi è nato
al Quadraro e da ragazzino l’hanno portato
a lavorare sotto padrone in bottega a San
Lorenzo. Mia madre è di Tor Pignattara, da gio-
vane faceva la parrucchiera da uno che aveva
tagliato i capelli al re d’Italia e a quel tempo
ballava il liscio. Quando s’è sposata con mio
padre ha smesso di ballare. Quando sono nato
io ha smesso di fare la parrucchiera. Mio nonno
paterno faceva il carrettiere a Trastevere. Con
l’incidente è rimasto grande invalido del lavo-
ro, è andato a lavorare al cinema Iris a Porta
Pia. La mattina faceva le pulizie, pomeriggio
e sera faceva la maschera, la notte faceva il
guardiano. Sua moglie si chiamava Agnese, è
nata a Bedero. Io mi ricordo che si costruiva le
scarpe coi guanti vecchi. Mio nonno materno
si chiamava Giovanni e faceva il boscaiolo con
Primo Carnera. Mia nonna materna è nata ad
Anguillara Sabazia e si chiamava Marianna. La
sorella, Fenisia, levava le fatture e lei raccon-
tava storie di streghe.” Racconti d’estate. C’è
una barzelletta di qualche anno fa che aveva
per protagonisti tre politici famosi. Saddam
Hussein va da Dio e chiede “come sarà l’Iraq
tra 5 anni”. E Dio “distrutto dalle bombe ame-
ricane” e Saddam piange disperato. Anche
Bush va da Dio e chiede “come saranno gli
Stati Uniti tra 5 anni?”. E Dio “distrutto dagli
attentati degli islamisti” e il presidente ameri-
cano piange disperato. Infine Berlusconi va da
Dio e chiede “come sarà l’Italia tra cinque anni”
e Dio piange disperato. Raccontata tenendosi
a distanza dal terrorismo e dalla cosiddetta
esportazione della democrazia possiamo sen-
tirci al sicuro e ridere. Ma proviamo a imma-
ginare se alla grande manifestazione di Parigi
dell’11 gennaio, all’indomani degli attentati,
avesse partecipato proprio l’ex premier Silvio
Berlusconi, che ha sempre manifestato la sua
passione per le barzellette, e avesse raccon-
tato questa storiella sostituendo Bush con
Hollande, Saddam con il califfo dell’Isis e se
stesso con Renzi per prenderlo in giro. Il mec-
canismo sarebbe stato lo stesso, ma non l’ef-
fetto comico. Spesso nelle barzellette accade
ciò che vediamo nelle vecchie comiche: ridia-
mo per l’uomo grasso che scivola sulla buccia
di banana, ma se quell’uomo siamo noi non ci
troviamo niente da ridere. Allora ho pensato
di recuperare alcuni racconti che ho scritto in
questi anni e scriverne altri nuovi nei quali ci
troviamo davanti ad un meccanismo simile a
quello delle storielle. Ma a differenza di esse in
queste mie storie c’è qualcosa che si inceppa.
Incominciamo a ridere come da ragazzini ride-
vamo del fantasma formaggino e poi, invece di
immedesimarci in Pierino, ci troviamo spalmati
sul panino”. Ascanio Celestini.
1...,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11 13,14,15,16,17,18,19,20,21,22,...24
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