Itaca n.3 - page 6

[6]
carcere e storie · ossimori
La nostra realtà, la realtà dell’umanità con
i suoi controsensi e controtempi, con i suoi
acuti ed i suoi ottusi a volte contemporanei
e conviventi in una stessa azione, in uno
stesso pensiero, in una stessa persona.
“L’ossimoro 
(dal
“Greco
antico”
ὀξύμωρον, composto da ὀξύς, «acuto»
e μωρός, «ottuso»; pronuncia greca: ossìm-
oro) è una “figura retorica” che consiste
nell’accostamento di due termini di senso
contrario o comunque in forte “Antitesi” tra
loro. Dato l’etimo del termine, anche la stes-
sa parola ossimoro è un ossimoro. Se alcuni
ossimori sono stati immaginati per attirare
l’attenzione del lettore o dell’interlocutore,
altri nascono per indicare una realtà che non
possiede nome.
Questo può accadere perché una parola non
è mai stata creata, oppure perché il codice
della lingua, deve contraddire se stesso per
poter indicare alcuni concetti particolarmente
profondi.”
Tra le righe fitte esplicanti il concetto di “ossi-
moro” fa capolino il senso che dedicheremo
allo spazio di questa rubrica: indicare una
realtà che non possiede nome, una realtà per
cui il codice linguistico deve necessariamente
contraddirsi per rappresentarla. La nostra real-
tà, la realtà dell’umanità con i suoi controsensi
e controtempi, con i suoi acuti ed i suoi ottusi
a volte contemporanei e conviventi in una
stessa azione, in uno stesso pensiero, in una
stessa persona.
Ossimori è lo spazio in cui nonostante le anti-
tesi, tutto è armonico, in cui da due termini
contrastanti nasce un concetto nuovo, una
nuova realtà, non catalogata né catalogabile
in acuto o ottuso.
È lo spazio del racconto in cui realtà contra-
stanti si contaminano per dar luogo a qualco-
sa di inedito ed inaspettato, “il carcere” che
diventa luogo creativo (L’esperienza di “made
in carcere” attraverso cui i detenuti danno vita
ad oggetti di abbigliamento o accessori alla
moda), o corrosivo, in cui il colpevole diventa
vittima ed il tutore della legge diventa car-
nefice (mobbing e violenza dietro le sbarre);
è il Natale “dentro” le nostre “case” laddove
per case intendiamo le Comunità, e “dentro”
non significa recluso, obbligato, ma profondo,
come profonda può diventare l’esperienza
della condivisione delle vite, del dolore, degli
sbagli, degli scontri, condivisione che dà alla
luce un nuovo senso, un nuovo mondo, un
nuovo “Io” un nuovo “Tu” un nuovo “Noi”.
Ora accompagno Greg, il nuovo tirocinante
a comprare sigarette e farmaci per i “tossi-
ci” del CODD.
Di Matteo Centioni
.
Ora mi trovo dove voglio stare. Sono seduto
all’ombra, in disparte su di un prato, l’erba
fresca ed umida tagliata da poco eppure è
già pieno di margherite dritte come soldati a
contemplare il sole.
Il cielo è immenso e “pulito”, le parole dell’uo-
mo in lontananza si mescolano al canto degli
uccelli. Per fortuna non è il paradiso, no,
almeno per oggi no. Sono in comunità per
disintossicarmi, sono al CODD ed oggi, anche
oggi, ho intenzione di rompere il culo “all’uomo
nero”. Una bella ripassata a me medesimo che
viene dal passato nella terra dell’oggi, per con-
quistare e ridurre in schiavitù il futuro. Sono io,
siamo noi i nostri peggiori nemici, spietati e
luridi, la parte in ombra della luna.
Oggi proprio qui in comunità un mio compag-
no, dopo venti anni passati in galera sta riab-
bracciando i propri cari arrivati da lontano per
godere della sua presenza. Lui è un diverso,
dipendente dal crimine più che dalla sostanza.
Lui è il ragazzo che “ha deciso” di tagliare
il prato in cui ora, sdraiato, posso riflettere
in libertà. Questa per me è la comunità, una
comune
. Persone diverse che convivono e
vivono per un interesse comune…la
libertà
.
Noi siamo la comunità, noi siamo il presente
e l’oggi è il passato che abbraccia il futuro.
Ora accompagno Greg, il nuovo tirocinante
a comprare sigarette e farmaci per i “tossici”
del CODD.
Abbandono il prato per andare in paese,
sereno e sicuro che quando tornerò ritroverò
il prato ed un nuovo posto all’ombra. Magari
avrò voglia di mettermi al sole, ora non lo so.
Vorrei donarvi una frase che un mio carissimo
amico mi ha regalato: “è quando i capelli sono
lunghi che puoi decidere veramente se tagliarli
oppure no”. I diversi siamo noi e per fortuna
ora mi sento diverso, mi sento me stesso. Con
profonda stima ed ammirazione ringrazio, vi
ringrazio tutti.
Dedicata a te.
Di Valeria
.
Il passato è andato, il futuro deve ancora arri-
vare. Conto solo sul presente.
Non butto nulla di ciò che ho fatto poiché
rappresenta la mia esperienza e, come tale, è
preziosa. Ma, qualche modifica, la voglio por-
tare alla mia attuale realtà. Lo posso fare nel
presente e con il tuo aiuto, figlia mia! - È tempo
della consapevolezza e della responsabilità.
Responsabilità che ho sempre occultato. Mi
pongo tante domande, cercando di dare una
definizione al problema, rimanendo ancorata
alla situazione, perché il passato è il tempo
della nostalgia e il futuro è come una partita
a poker, c’è sempre il rischio di un bluff ma
comunque, è tutto da giocare e da riempire di
tutto ciò che non faccio oggi e che rimando
a domani. Il presente è il tempo più esigente:
mi chiede di fare delle cose ma non ho mai la
certezza che riuscirò a completarle. Ma poi ti
guardo piccola mia, guardo i tuoi occhioni di
ghiaccio e tremo. Tremo come un’aspirante
suicida che carica l’arma che gli toglierà la
vita e chiedo a Dio: “ Perché? - Perché quello
stramaledettissimo giorno di aprile di un anno
fa, le tue cellule impazzivano e ti sei ammalata
di leucemia? - Proprio te così indifesa, pacifica
e tollerante. Perché il destino tanto crudele ha
voluto tutto ciò?
I sensi di colpa mi assalgono agguerriti come
fa un leone con una gazzella poiché nei miei
17 anni di tossicodipendenza, ne ho viste e
passate tante. Ma, la malattia di una figlia, per
una madre, lascia un segno indelebile, lascia
un vuoto incolmabile, nell’animo. Vuoto, che
non potrà mai essere descritto, voglio solo
smaltire la mia rabbia!
Ricordo: ricoveri, trasfusioni, strazianti chemi-
oterapie, ma tu, figlia mia, sempre con il sorri-
so. Io e te, per mano, per farci forza a vicenda.
Piccolina, io giocavo con la vita, tu fai di
tutto per riaverla
.
Il bagaglio che ho, pesa sulle mie spalle, devo
rimanere concentrata, devo negoziare con il
passato riguardando le mie opinioni. Ma come
salvarmi dalla vulnerabilità del momento senza
sentirmi persa? - Tenendoci per mano o cuore
mio, ci daremo quella speranza di guarire tu
dalla tua ed io dalla mia di malattia.
Non ti
preoccupare, ne usciremo vincitrici!
Ossimori
Una giornata
in comune
Giorno per giorno.
Risveglio dei sensi
Giorno per giorno.
1,2,3,4,5 7,8,9,10,11,12,13,14,15,16,...24
Powered by FlippingBook