I
llustrazione
- E
lisa
T
alentino
Chi ha paura dell’Uomo nero?
L’Ama Festival e i capitoli del racconto.
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Itaca
“Colui che è odiato” ci riporta al primo
grado, quindi all’uomo nero odiato e temu-
to, al migrante al folle al diverso.
Di Maria Paola Modestini
Il progresso ha rimpicciolito il mondo, ha
accorciato le distanze, al punto da rendere
tutto immediatamente raggiungibile e contat-
tabile. I rapporti umani e le loro storie attraver-
sano l’etere e sono immediatamente fruibili, le
guerre di là dal mare arrivano nelle nostre case
in tempo reale. Ciò fa sì che ognuno di noi
sia collegato ad un altro essere umano o ad
un’altra situazione attraverso sei soli passaggi
o gradi di separazione, teoria elaborata negli
anni 60 dal sociologo
Milgram
. Collegare le
cose partendo da un punto e, attraverso sei
nodi di collegamento, costruire un percorso
che ha una meta diversa ma anch’essa colle-
gata al punto di partenza, questo è l’esercizio
nel quale ci siamo misurati per vedere dove
ci avrebbe condotto il concetto di
uomo
nero
e delle paure ad esso legate. Partendo
dunque dalla personificazione simbolica della
paura dell’ignoto: “l’uomo nero” siamo arrivati
alla figura di
Odisseo
attraverso un percorso
di sei gradi di separazione. Perché l’uomo
nero? - Come già detto
l’uomo nero
perso-
nifica ciò che non conosciamo, personifica
l’ignoto che in quanto tale fa paura, e che
odiamo persino, è lo straniero, il folle, il diver-
so, il primo grado sarà raccontato da
Peppe
dell’Acqua
psichiatra discepolo di
Basaglia
che nel libro “Non ho l’arma che uccide il
leone” racconta come la legge 180 scardina
i cancelli dei manicomi, liberando una ad una
le persone rinchiuse e tenta di cancellare il
marchio di “pericolo” che leggi ed usanze
avevano attribuito alla follia.
Gabriele Nissim
invece ci narrerà il senso di colpa collettivo
nei confronti della shoah, mentre i
Wu Ming
2
e
Contradamerla
porteranno in scena il
viaggio di un migrante curdo che arriva in Italia
in un camion frigorifero ai nostri giorni in uno
spettacolo grottesco dal titolo “
Surgelati
”. Ma
l’uomo nero può essere anche dentro di noi, la
nostra parte segreta, nascosta ai più, la parte
in ombra della nostra anima, da qui si arriva
al concetto di
ombra
. Claudio Widmann ci
parlerà dell’ombra in senso junghiano nell’in-
tervento “
Il fascino dell’ombra e i patti con
il diavolo
”. Ma l’ombra è figlia della
luce
,
in greco “luce” corrisponde al verbo “faino”
che significa mostrare, rendere manifesto, ed
ancora in filosofia è intesa come ciò che ci
permette di vedere di distinguere la profon-
dità della realtà, ed ancora la luce come fonte
metafisica di illuminazione nel senso spirituale
di rivelazione o scoperta di una realtà nascosta
nell’ombra:
San Francesco
come caso esem-
plare di illuminazione spirituale e metafisica
(
Aldo Nove
“Tutta la luce del mondo”). La luce
rivela e svela, ciò che non è illuminato non ci è
dato di conoscere, dunque la luce intesa come
conoscenza
,
Marco Vannini
e
Diego Fusaro
sgraneranno questo concetto dal punto di
vista filosofico, Vannini con un taglio pretta-
mente spirituale e metafisico, Fusaro dall’an-
golazione del filosofo clinico.
La conoscenza intesa come tentativo di supe-
rare i limiti dell’umana finitezza ci porta al
personaggio di
Odisseo
“… fatti non foste a
viver come bruti ma per seguir virtute e cana-
scenza…” - Dante inferno canto XXVI. Per
Dante il folle viaggio di Odisseo rappresenta la
volontà di
superare i limiti della conoscenza
umana
, la follia di Odisseo non consiste nella
ribellione personale contro un ordine prestabi-
lito, bensì nel tentativo di superare i limiti della
finitezza dell’essere umano. Questo grado di
separazione sarà raccontato da
Franco Rella
con “U
lisse: il limite e la metamorfosi
”.
Moni Ovadia
partendo dal XXI canto dell’O-
dissea, s’interroga e riflette sul significato del
viaggio che non deve essere fine a se stesso:
“quando viaggiamo non dobbiamo cercare
il conosciuto, ma dobbiamo perderci per poi
ritrovare noi stessi e, perché no, provare e
riorientare un mondo ormai alla deriva” ( Moni
Ovadia “Il senso del viaggio”). L’etimologia
del nome Odisseo è alquanto incerta, Omero
stesso la spiega nel libro XIX collegandola al
verbo “ὀδύσσομαι”il cui significato è “
colui
che è odiato
” in questo caso da tutti coloro
che ne ostacolano il ritorno ad Itaca. Colui
che è odiato ci riporta al primo grado, quindi
all’uomo nero odiato e temuto, al migrante al
folle al diverso. Buon Ama Festival.