Itaca n.3 - page 9

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cura e dipendenze patologiche · in-dipendenze
Di Marco Fregonese
Oggi è una giornata uggiosa somigliante al mio
animo, cosi carica di promesse di pioggia
che sembra rispecchiare il bisogno che ho di
liberare un po’ di quel che sento.
È trascorso del tempo dalla mia venuta, su un
calendario i giorni sono stringhe di pochi cen-
timetri; può non sembrare molto, ma il tempo
non concede favori e qui, ogni tanto, sembra
non essere dalla mia parte. Se solo sapessi,
quante volte mi ritrovo a plasmare il vuoto ed
è un buon giorno per scriverti, figlio mio, per
dirmi delle cose pensandoti e dirti delle cose
ascoltandomi.
Vissuti, ricordi, amarezze, piacere e disper-
azione; mi sono fatto del male con l’illusione
di farmi del bene, con l’anima ferita, offesa
nell’intimo, alla quale ho tolto tutta la dignità
non concedendole le sue grida, impedendole
di invocare aiuto, mentre, con persistenza mi
facevo del male.
Chi ha visto, ha preferito non guardare, chi
ha sentito, ha preferito non ascoltare ed io mi
sono voltato le spalle raccontandomi “favole”
tanto bravo al punto che sono divenuto la
vittima dei miei stessi raggiri; realtà fittizie per
giustificare e per giustificarsi, inventate che
hanno visto come soggetti: amici mai esistiti,
lavori mai svolti, situazioni strampalate sino
ad inventare rapporti e storie sentimenta-
li. Riuscirò mai a perdonarmi? - Riuscirò a
smettere di pensare alla rinuncia del piacere?
Ed ecco che entro nell’eterno conflitto, non
potendo ignorare il dolore, nella perseveranza
di una lotta che non ha fine.
Mi ha reso diverso la paura, tanto radicata da
rimanere immutata da quando a gattoni com-
inciavo a scoprire il mondo, quando mi venne
nominato l’uomo nero, intimandomi di sceg-
liere se dormire o essere rapito. Presentato
come il nemico perfetto che incute terrore e
mai perdona. Come difendersi da un’entità
che è uomo ma allo stesso tempo è un’ombra
che si animava di notte, dall’armadio o da
sotto al letto, che mi assaliva sottraendomi dal
mondo e lasciandomi con le paure che nessu-
no si era preso la cura di farmi narrare?
Sappi, figlio mio, che quell’uomo nero è stato
uno stralcio di ombra che mi è vissuta accanto
fin da allora. Abbiamo camminato fianco a
fianco, in ogni singolo istante, in simbiosi, nei
non detti, negli spazi mancanti per narrare il
dolore sperduto di bambino che cercava di
rimediare all’abbandono del padre e alla rab-
bia della madre.
Era nei sensi di colpa, nelle compiacenze
infantili a favore della serenità. Erano i regali
rubati al compagno di banco ed i sogni ricac-
ciati indietro con le lacrime inceppate in gola.
E quando ti guardo e mi rivedo nel dolore
della tua crescita responsabilizzata, è allora
che vorrei dirti di non temere le tue paure, di
non nascondere i desideri, perché il tuo papà
ha incontrato l’uomo nero in se stesso e negli
occhi degli altri quando si è perso. Oggi sono
diventato tanto adulto, tanto consapevole,
eppure fuggo spesso da me, fra il fastidio ed
il terrore di dovermi confrontare, rimandando
ad un domani che non verrà, l’illusione di poter
competere con il tempo.
Me ne accorgo quando mi do frettolosamente
le spalle e guadagno terreno accelerando il
passo, in un’utopia che a tratti mi culla ma che
non lascia scampo.
Sarà, per me e per te, tutto il contrario di quel
che sono stato, con la certezza che tu, un
domani, non ti troverai a vivere una giornata
uggiosa lontano da chi ami e a dover dare il
nome alle cose che ti hanno tolto troppo.
“Solo che il mondo e le persone corrono e
se lo sto a sentire arrivo sempre ultimo e
mai primo, di sicuro con poca saggezza”.
Di Paolo
In un bel giorno di un qualsiasi giovedì di feb-
braio del 1993 decisi di fare uso di sostanze.
Conobbi un mondo impazzito: il delirio. Tutto
era affascinante, puramente illusorio. Abbiamo
navigato in segreti oscuri facendo chiodi e
bambole voodoo nei sobborghi della mia città.
Quello che mi coinvolgeva di più era questo
potere ancestrale fatto di persone che faceva-
no tutte lo stesso percorso, la stessa routine.
Dopo tanti anni di tossicodipendenza decisi di
diventare un battagliero con il piede di guerra.
Combatto perché la mia idea sia rispettata e
condivisa.
Combatto perché devo riprendermi la mia
dignità.
Combatto perché un luogo sia pulito a dovere.
Combatto perché in comunità facciamo un’ig-
iene mentale, buttando via tutto quello che
non serve. Ho dovuto prendermi cura di tanti
problemi che andavano risolti, in ogni piccolo
gesto quotidiano.
Tante volte mi sono arreso ma tante altre
volte sono ripartito per fare una scelta che
ritenevo giusta. Le persone nei miei confronti
vivono la sfiducia, si scoraggiano, ma hanno
sempre insistito su di me perché ce la potevo
fare. Mi sono ritrovato in periodi di vita che
dovevo marcare visita, facevo disegni distorti
sulla cartaccia perché ero molto confuso. Se
la situazione negativa mi coinvolgeva troppo
forse significava che mi dovevo allontanare
per capire cosa stava succedendo. Capire,
capire, capire, quasi pensavo di impazzire.
Nella vita ho fatto molti errori, a volte ho com-
battuto su cose che ritenevo giuste, però tutto
questo forse non è bastato perché mi ritrovo
comunque senza nulla: senza casa, senza
lavoro, nella miseria.
Metaforicamente, come espressione di rabbia,
ho dovuto armare 600.000 carri armati per
riprendermi quel piccolo pezzo di terra che mi
hanno tolto. Quell’oasi di pace che tutti meri-
tiamo con dignità e prendersene cura in ogni
piccolo gesto quotidiano. Ma mi domando:
“Qual è il percorso di vita che mi piace e mi
fa stare bene?”. Non ci sono ancora riuscito
perché fuori trovo tantissimi ostacoli per raggi-
ungere il traguardo. La vita mette a dura prova
e non mi va di stare a perdere tempo. Se c’è
un problema voglio risolverlo subito e lo devo
fare perché la situazione mi ha scelto. Ho fato
dimostrazioni e sviluppo positivi come segnali
eccellenti e comunque di alcuni traguardi ne
vado fiero perché sono battagliero del mio
mondo intorno a me, più sicuro e migliore. Di
questo, appunto, ne vado fiero, ci sono riusci-
to! - Ah! - Giusto per l’appunto: nonna diceva
sempre “vai piano e vai sano e lontano”, solo
che il mondo e le persone corrono e se lo sto
a sentire arrivo sempre ultimo e mai primo, di
sicuro con poca saggezza. Questo è l’aspetto
giovanile, sono preparato per correre.
Giocando con le ombre assieme a mio figlio
Le strade nuove.
Ho dovuto armare 600.000 carri armati
per riprendermi quel piccolo pezzo di terra
Le strade nuove.
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