Itaca n.3 - page 17

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interviste · perl’appunto
analista junghiano attivamente impegnato
nel diffondere e nel difendere il più auten-
tico spirito psicologico di C. G. Jung e di
M.-L. von Franz. È uno degli autori più
noti e fecondi nel panorama italiano della
psicologia junghiana. Le sue pubblicazioni
comprendono sia trattazioni tecniche sia
esposizioni divulgative, ma si distinguono
quelle che rileggono attraverso la griglia
dei simboli aspetti ordinari e straordinari
della realtà, come il rapporto dell’uomo
con il denaro, con il destino, con la fiducia,
O quelle che scandagliano lo spessore
simbolico di realtà diffuse come i colori, le
figure del presepe, gli arcani dei tarocchi,
l’immagine del gatto, la fiaba di Pinocchio.
(La bio completa a pag. 8).
Intervista a Claudio Widmann.
D. Dott. Widmann alla luce del suo espe-
rienziale che cos’è l’Ombra?
R. L’Ombra è il contrario, l’opposto, l’antiteti-
co: l’Ombra è la controtendenza.
Ogni cosa ha un suo contrario e non appena
un individuo seleziona un insieme di preferen-
ze o di valori (gli “ideali dell’Io”), automatica-
mente struttura un insieme di incompatibilità:
se predilige la calma, è incompatibile con la
fretta; se idealizza la lealtà, trova contrastan-
te la scaltrezza. L’Ombra aggrega ciò che è
opposto e divergente; è il controsenso rispetto
al senso, il difforme rispetto al conforme.
L’Ombra non si definisce tanto per i conte-
nuti, quanto per la sua qualità contrastante:
per una persona che ama la vita civilizzata e
predilige modi educati e raffinati, l’Ombra ha
i caratteri grossolani e rozzi dello zotico e si
esemplifica nell’immagini archetipiche dell’Uo-
mo Selvatico; per la persona che, invece,
idealizza lo stato di natura, l’Ombra assomma
i modi aggraziati e artefatti dei damerini e si
presenta nelle immagini collettive dell’uomo
fine, ma inetto.
Così come esiste un’Ombra individuale,
antitetica rispetto ai valori del singolo, esiste
anche un’Ombra collettiva, che compendia in
sé le tendenze contrarie ai valori condivisi dal
gruppo di riferimento. In una collettività che
coltiva la ragione e idealizza la civilizzazione,
l’Ombra addensa irrazionalità e barbarie e
viene immaginata nelle molte forme dell’Uo-
mo Nero, un individuo trasgressivo, burbero,
violento, terribile e temibile (che, di volta in
volta, può essere il bandito, l’eversivo, il ter-
rorista etc.). Ma nei microcosmi del bullismo
adolescenziale, per esempio, l’Ombra è rap-
presentata dal ragazzino perbene, timido e
garbato e nei clan delinquenziali è identificata
con l’uomo debole, che non sa ricorrere alla
violenza per farsi valere.
I codici che l’individuo fa propri sono diversi,
ma l’Ombra è sempre trasgressione, indipen-
dentemente da quali siano i codici che spinge
a trasgredire.
D. E ancora che rapporto c’è tra l’ombra e
il male? - O meglio l’Ombra è necessaria-
mente da considerarsi come il male?
R. La migliore risposta a questa domanda è
data da Mephisto a Faust (nell’omonima opera
di Goethe), quando dice: “Io sono una forza
del male, che sempre opera al bene”.
In quanto tendenza opposta (controtendenza)
al processo di evoluzione e di rafforzamento
della coscienza, l’Ombra collettiva viene iden-
tificata con il Male. È incurante delle regole
condivise e della correttezza convenzionale,
carica di intransigenza ottusa e di violenza
cieca, capace di demolire ciò che è stato
costruito e di sterminare chi o cosa le si metta
di traverso, indifferente alla sofferenza proc-
urata e insensibile a quella subita. Conserva
l’energia dirompente del mondo istintuale e
procede con l’impulsività cieca dell’inconscio,
senza essere contenuta né modulata dai filtri
della coscienza.
L’Ombra persegue fini (e fini trasgressivi), non
discerne mezzi.
Tuttavia, i fini che persegue possono rivelarsi
costruttivi anche se scaturiscono da attività
distruttive; possono risultare progressivi anche
se vengono conseguiti con i mezzi regressivi
della barbarie psicologica. Accade quotidiana-
mente, a piccoli e grandi livelli: l’Ombra lascia
sfuggire una battuta infelice e in questo modo
guasta i rapporti con una persona insopporta-
bile, che mai si avrebbe il coraggio di allon-
tanare intenzionalmente; oppure un incidente
costringe a cambiare la vecchia automobile,
accollandosi una spesa che era ragionevole
differire. Perfino guerre, invasioni e distruzioni
lasciano sul terreno taluni germi di evoluzione,
che un giorno si chiameranno progresso.
Bene e male sono categorie della coscienza;
nel regno dell’Ombra sono amalgamate tra
di loro. Non essendo distinte né distinguibili,
si potrebbe perfino dire che non esistono (in
questo senso Jung diceva che l’animale è l’es-
sere più pio che si conosca: fa semplicemente
ed esclusivamente ciò che è nella sua natura).
Solo nel regno della coscienza si struttura la
distinzione tra bene e male; e soltanto all’Io, in
quanto agente di coscienza, spetta la capacità
di distinguere tral’uno e l’altro, soltanto sull’Io
grava la responsabilità di agire di conseguenza.
L’Ombra esercita una pressione morale sull’Io.
Reggere questa pressione, significa valutare
consapevolmente se accettare i prezzi di
violazione, rottura, distruzione e soprattutto
di sofferenza propria e altrui, che una scelta
implica. Significa accettare non solo teori-
camente, ma empiricamente, che una frazi-
one della personalità non condivida gli ideali
dell’Io, i codici collettivi, i valori ragionevol-
mente condivisi. Significa adoperarsi affinché
quella frazione di personalità possa trovare un
certo spazio di espressione, per non erompere
in forma di devastazione.
D. Dott. Widmann, può raccontarci l’Om-
bra collettiva? - Quali sono gli scenari in
cui quest’ultima ha preso il sopravvento e
come sta agendo in riferimento a questo
preciso momento storico?
R: Baudelaire è certamente più efficace di me
nel tratteggiare uno degli aspetti più insidiosi
dell’Ombra collettiva attuale, quando afferma
che “la più grande astuzia del diavolo consiste
nel far credere che il diavolo non esiste”. È la
sua più sofisticata diavoleria.
Alquanto significativamente il diavolo non
viene sempre rappresentato nel suo aspetto
inquietante e tenebroso, ma anche in forme
ammiccanti e accattivati: nella sua versione
meno diabolica. Non c’è dubbio che l’Ombra
contiene aspetti che non incutono solo timore
e repulsione, ma anche elementi di fascino e
di attrazione. L’Ombra è il regno di aspirazioni
profonde che l’Io non può o non riesce a colt-
ivare, di gratificazioni che non è lecito o non è
fattibile realizzare: contiene, dunque, più d’un
richiamo ed esercita tradizionali lusinghe.
Da un tempo relativamente lungo (qualche
secolo) nei confronti del Male si vanno affer-
mando posizioni collettive, che non sono
esclusivamente di censura e di condanna.
Correnti filosofiche che hanno affermato l’uni-
versalità del Male, sono state invocate per
“normalizzarlo”, grazie a un’equazione ele-
mentare e capziosa: “ciò che è universale
è normale”; osservazioni sociologiche che
rilevano la diffusione della trasgressione sono
state utilizzate per trasformare la normaliz-
zazione in autorizzazione, secondo la logica
del “così fan tutti”; movimenti di liberazione
sono esitati in rivendicazioni di esenzione
e il “vietato vietare” è diventato “concesso
trasgredire”; acquisizioni psicoanalitiche sulla
funzione dell’Ombra sono state addotte non
per spiegare, ma per nobilitare “passaggi
all’atto” e agiti di Male; interi gruppi sociali
hanno elevato la “disobbedienza” a strumento
di rivendicazione e a categoria valoriale.
Un’autentica cultura dell’Ombra intride non
solo correnti intellettuali underground, ma
fenomeni culturali di portata collettiva vasta,
dal cinema alla pubblicità, dalla musica al
costume. Nell’estetica del brutto, nel fascino
del bad boy, nell’innamoramento per i “belli
e maledetti”, nella rivendicazione del diritto a
trasgredire, nell’idealizzare dello sfondamen-
to della coscienza si esprime una collettiva
negazione dell’Ombra, che è opera dell’Ombra
stessa e che corrisponde al “far credere che il
diavolo non esista”.
D. Un’ultima domanda come secondo Lei è
possibile che l’essere umano possa integra-
re compiutamente la propria ombra? - Jung
ci ha raccontato del processo alchemico e
come primo momento della Nigredo.
R: Intesa alla lettera, l’espressione “integrare
l’Ombra” è un’espressione paradossale e, in
quanto tale, impraticabile. È come dire “ren-
dere diurna la notte” o “integrare la luce nelle
tenebre”: là dove la luce risplende, il buio
svanisce. Tuttavia, è vero che la Nigredo cos-
tituisce uno dei primi stadi della trasmutazione
alchemica e che la psicologia analitica perseg-
ue l’integrazione dell’Ombra.
Per sciogliere questo paradosso occorre rico-
noscere che i processi di raffinazione sia della
materia sia della psiche coprono un arco
ampio e contemplano stadi diversi.
Inizialmente è inevitabile passare attraverso
forme di realizzazione approssimate, grosso-
lane e sgraziate. Solo poche figure d’eccezi-
one sono immediatamente capaci di prestazi-
oni d’eccellenza (come Mozart che sapeva
suonare il pianoforte a tre anni e che compose
un minuetto che ancora non aveva sei anni);
d’abitudine le espressioni fortemente intrise di
inconscietà non sono solo antitetiche rispetto
ai valori collettivi, sono anche prive delle qual-
ità che solo la coscienza è in grado di confer-
irvi: sono qualitativamente scadenti. Oltre che
il “contrario”, l’Ombra è anche il “grossolano”.
Nessun dubbio, ad esempio, che in un adoles-
cente deviante, profondamente compromesso
con la propria Ombra, sia attivo un prepotente
impulso a essere originale anche al prezzo di
essere “diverso”, un istinto a essere se stesso
anche mettendosi contro tutti. Ma questo istin-
to individuativo si esprime in maniera grosso-
lana, esponendolo a esiti insoddisfacenti sul
piano qualitativo e a rischi di sofferenza sia se
stesso sia gli altri. Proprio perché la Nigredo
è uno stadio elementare della trasmutazione
alchemica, la materia nigra viene raffinata,
depurata, sbiancata (dealbatio); proprio per-
ché l’Ombra è intrinsecamente grossolana e
grezza, nella prima fase del processo e della
vita va rettificata, educata, contenuta.
Ad uno stadio più avanzato, quando le qualità
più aspre dell’inconscio sono ingentilite dai
percorsi maturativi (educazione, cultura, rif-
lessione, analisi etc.), la coscienza può avere
un atteggiamento più accogliente nei confronti
dell’Ombra: può riconoscere che certi guizzi
inconsci risolvono un impasse più di una lunga
riflessione cosciente, che certe risposte incon-
trollate giovano all’affermazione di sé più di
una sofisticata argomentazione. Secondo una
testimonianza trasmessa oralmente dai suoi
collaboratori, Jung avrebbe detto un giorno:
“dopo [ma solo dopo!] essere diventato cosci-
ente, l’uomo ha il compito di diventare più
decentemente inconscio”.
Dopo aver delimitato, arginato e contenuto
l’Ombra, all’uomo in cammino spetta il com-
pito di avere con l’Ombra una relazione psico-
logica più interattiva e decente.
È come dire
“rendere diurna la notte” o “integrare la luce nelle tenebre”
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