Doc'S n. 7 - Edizone di Ascoli Piceno - page 9

Giugno 2013 n. 7 -
9
Il punto
di Stefania Rafaiani
Brevetti farmaceutici
il caso indiano di Glivec Novartis
Dopo una battaglia legale di sette anni, recentemente
la Corte Suprema Indiana ha respinto il ricorso
dell
per il
riconoscimento del brevetto di una forma modificata
del farmaco
.
Approvato dalla
e dall
nel 2001 per il trattamento della
leucemia mieloide cronica, la ditta
Novartis deteneva
il brevetto sulla molecola dal 1993
. La storia dello
sviluppo della molecola è tuttavia particolare e merita
di essere ripercorsa, seppur in breve.
Tutta la ricerca di base su
Imatinib mesilato
era stata
effettuata in istituzioni accademiche - grazie a
finanziamenti prevalentemente pubblici -, mentre
Novartis ha giocato un ruolo importante nelle fasi
più avanzate di sviluppo del farmaco, quando erano
già stati ottenuti i dati molto promettenti sulla sua
efficacia clinica.
La domanda di protezione brevettuale per il Glivec
era stata respinta già nel 2006, quando l’ufficio
brevetti indiano aveva stabilito che il principio attivo,
Imatinib mesilato, era un composto noto fin dagli anni
Novanta, ben prima dello sviluppo del Glivec.
Tuttavia, Novartis ha presentato una richiesta di
brevetto per la più recente forma beta-cristallina
del farmaco, sostenendo che tale versione presenti
migliori caratteristiche farmacocinetiche. La
Corte
Suprema indiana
ha bocciato la richiesta della
multinazionale svizzera affermando che, anche se la
forma beta-cristallina ha proprietà fisico-chimiche
migliori rispetto a Imatinib mesilato, nessuna di
queste caratteristiche comporta una maggiore
efficacia terapeutica.
Dal 1970 l’India ha visto lo sviluppo della sua industria
farmaceutica, anche grazie alla legislazione allora
vigente sui brevetti che permetteva la produzione
di versioni generiche di farmaci ancora coperti da
brevetto all’estero. Nel 2005 ha adottato una
nuova
legge sui brevetti
, come parte del processo di
adesione all’Organizzazione Mondiale del Commercio
.
La nuova legge
indiana prevede la tutela brevettuale per i farmaci
innovativi, ma definisce criteri piuttosto restrittivi
per brevettare nuove versioni di farmaci già esistenti,
stabilendo – all’interno della ormai famosa
Sezione
3(d)
- che il composto modificato deve dimostrare
una maggiore efficacia terapeutica, limitando di
fatto la
pratica dell’evergreening
- ovvero il rinnovo
continuo del brevetto, facilitato da cambiamenti
minori e non sostanziali - messa in atto dalle industrie
farmaceutiche per prolungare le coperture
brevettuali dei farmaci.
In termini di salute pubblica e di economia del
farmaco, la sentenza rappresenta un significativo
dispositivo giurisprudenziale per consentire la
produzione di farmaci anticancro a basso costo in
India. Questo ha ripercussioni importanti sul sistema
sanitario e garantisce possibilità di cure anche alle
fasce più povere della popolazione.
La domanda cruciale di quanto vale ogni singola vita
umana e quanto vale la proprietà intellettuale di un
principio attivo è legittima. Se si pensa che le grandi
industrie farmaceutiche spendono cifre esorbitanti
nel mondo per pubblicizzare e sponsorizzare i propri
farmaci a livello medico, forse sarebbe etico cancellare
queste spese quando si tratta di
farmaci salva vita
.
Un giusto equilibrio va comunque ricercato fra
proprietà intellettuale e libertà di utilizzo di questa
proprietà, perché se è vero che una vita umana non
ha prezzo, è altrettanto vero che non riconoscere
il merito individuale e criminalizzare il profitto non
porterebbe sviluppo economico e sociale.
Occorre trovare equilibrio, quindi, fra un diritto
individuale e un giusto riconoscimento del merito e
una etica di utilizzo di quella scoperta scientifica che
salva la vita a milioni di persone.
Occorre anche
vigilare con attenzione alle tante
“furberie”
che le ditte farmaceutiche mettono in
atto per prolungare in modo indecente la validità del
brevetto o far credere di avere immesso in commercio
un nuovo farmaco quando si tratta di uno stesso
principio attivo, camuffato con minime variazioni
strutturali per lo più inutili per il paziente e sottraendo
al Sistema sanitario risorse che potrebbero essere
utilizzate in maniera più efficiente in termini di salute
pubblica.
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