La parte concettuale prevede tre principi fondamentali:
• il principio della giustificazione (nessuna attività con R.I.
deve essere effettuata senza produrre un beneficio
netto e dimostrabile)
• il principio di ottimizzazione (ogni esposizione alle R. I.
deve essere tenuta tanto bassa quando ragionevolmente
fattibile, tenuto conto dei fattori sociali ed economici),
• il rispetto dei limiti di dose (la dose assorbita dai singoli
individui non deve superare i limiti raccomandati).
Gli aspetti normativi
in Italia prevedono la
radioprotezione degli operatori e della popolazione
, la
radioprotezione del paziente
).
I limiti di dose annuali per lavoratori non esposti
(popolazione) (D.L.vo n.230/95 e D.L.vo n.241/00)
sono diversi a secondo della parte del corpo irradiata,
l’esposizione glogale del corpo è di
solare
e coincide con quello dovuto alla radioattività naturale
(raggi cosmici, 222Rn, 40K, 14C).
I lavoratori esposti sono divisi in categoria A (6 mSv/anno)
e categoria B (1 mSv/anno).
La normativa prescrive al datore di lavoro di classificare
e segnalare gli ambienti in cui e presente il rischio di
esposizione alle radiazioni ionizzanti e
regolamentarne l’accesso.
In particolare, viene definita zona controllata un ambiente
in cui operano i lavoratori esposti di categoria A; viene
definita zona sorvegliata un ambiente di lavoro in cui può
essere superato in un anno solare uno dei pertinenti limiti
fissati per le persone del pubblico e che
non e’ zona controllata.
Gli strumenti tecnici sono:
- la sorveglianza fisica, assicurata da esperti qualificati
(fisico sanitario) iscritti in elenchi nominativi presso
l’Ispettorato Medico Centrale del Lavoro;
- la sorveglianza medica assicurata da medici autorizzati,
iscritti in elenchi nominativi presso l’Ispettorato medico
centrale del lavoro (lavoratori esposti di categoria A) e
per mezzo di medici autorizzati o medici competenti
(lavoratori esposti di categoria B);
- l’uso di accorgimenti protettivi che si basa su tre
elementi fondamentali:
1. tempo (durata dell’esposizione): determina in maniera
lineare, a parità di condizioni di esposizione, l’intensità
dell’esposizione e conseguentemente
del rischio radiologico;
2. distanza: la dose di radiazioni segue la legge dell’inverso
del quadrato della distanza rispetto al punto di emissione
(esempio: passando dalla distanza di 1 m a quella di 2 m,
l’intensità di dose si riduce di un fattore 4)
3. disponibilità di schermature: ad esempio le radiazioni X
sono penetranti e, nel caso di energie elevate, richiedono
spessori considerevoli di piombo (Pb).
- l’uso di un grembiule in gomma piombifera di spessore
equivalente a 0.25 mm, riduce da 10 a 20 volte la dose
assorbita e conseguentemente il rischio professionale
- l’uso di occhiali anti-X, quando prescritto, porta a livelli
trascurabili la dose assorbita dal cristallino.
Le procedure radiografiche tradizionali
e la radiologia
dentale non comportano esposizioni significative
per i pazienti; la mammografia, in particolare con uso
di apparecchi digitali e proiezioni mirate, eroga dosi
notevolmente al di sotto di valori dannosi.
La TAC
, pur utilizzando una dose elevata di radiazioni,
ha sistemi notevolmente collimati, che evitano la
componente diffusa e si avvale di softwares di riduzione
di dose; con apparecchiature dedicate e procedure
ottimizzate le esposizioni lavorative risultano di assoluta
irrilevanza radioprotezionistica.
In medicina nucleare l’esame scintigrafico viene
effettuato somministrando al paziente, principalmente
per via endovenosa, una sostanza radioattiva (sorgenti
g-emittenti non sigillate) legata ad un composto chimico
(tracciante), pertanto il paziente per un breve periodo
dopo l’esame risulta modicamente radioattivo.
In conclusione l’uso sanitario di radiazioni ionizzanti
non va demonizzato, ma neppure sottovalutato, in
particolare per la popolazione pediatrica e delle donne
in età fertile. È necessario conoscere le problematiche
legate alla radioprotezione da parte dei medici
richiedenti, ricordando che
la migliore protezione deriva
dall’appropriatezza delle indagini
e dalla collaborazione
con lo specialista in radiologia, a cui per legge è
demandata la scelta dell’esame più adatto per la diagnosi
in considerazione dell’anamnesi, del quadro clinico e
dell’ipotesi diagnostica.
Giugno 2013 n. 7 -
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