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interviste · perl’appunto
L’odierna epoca che parte dal 1989 è l’epoca
dell’eterno presente, che non ha più alcun
rapporto né con il passato che è continu-
amente obliato o ricondotto alle radici del
presente stesso, né tantomeno con il futuro
come orizzonte progettuale colonizzabile
con le aspettative e i progetti trasformativi.
Intervista a Diego Fusaro.
Di Antonella Fortuna
D. L’epoca della fretta impedisce di riflettere
serenamente sulle origini. Dove abbiamo
relegato gli antenati?
R. La nostra si può definire per certi versi l’ep-
oca della fretta. Una definizione forse appros-
simativa ma che coglie un aspetto, non l’unico
naturalmente del nostro tempo, che è un tempo
che continuamente rincorre l’idea del super-
amento del presente stesso, nell’idea che in
qualche modo il presente in quanto tale, debba
essere superato. Ma al tempo stesso, a dif-
ferenza dell’epoca moderna in termini generali,
che inseguiva il futuro nella convinzione che
esso fosse diverso e migliore rispetto al pre-
sente, l’epoca odierna si nutre di quello che ho
chiamato il nichilismo della fretta, cioè il fatto
che questo superamento del presente non è più
orientato ad una passione progettuale tesa a
produrre futuri alternativi, ma ad una fretta nich-
ilistica perché non produce nulla di nuovo ma
rincorre sempre e solo se stessa con un effetto
tapis roulant, dove corri rimanendo sempre sullo
stesso punto. Potremmo dire se l’epoca antica
era l’epoca dell’esperienza, come ha detto
lo storico dei concetti
Reinhart Koselleck
,
l’epoca moderna è stata l’epoca dell’orizzonte
delle aspettative, un’epoca futuro - centrica,
progettuale. L’odierna epoca che parte dal
1989 è l’epoca dell’eterno presente, che non
ha più alcun rapporto né con il passato che è
continuamente obliato o ricondotto alle radici
del presente stesso, né tantomeno con il futuro
come orizzonte progettuale colonizzabile con
le aspettative e i progetti trasformativi. Quindi
resta unicamente il presente riprodotto sempre
più in fretta, in coerenza con la logica stessa
della produzione tecno - capitalistica, una pro-
duzione che ha nel suo stesso dna l’accelerazi-
one dei tempi. Nei Grundrisse,
Karl Marx
disse
che l’economia si risolve in economia di tempo.
D. La filosofia come terapia dell’anima riu-
scirà a creare un nuovo senso comune?
R. la filosofia non è solo una terapia dell’anima,
è anche una terapia dell’anima. Pensare che
sia solo una terapia dell’anima individuale ci
porta in una concezione altamente ideologica
della filosofia, quella che viene praticata oggi
nel counseling filosofico per esempio, dove la
filosofia diventa una sorta di terapia per i disagi
dell’individuo. In questo modo viene meno una
visione della filosofia che è quella della prassi
trasformatrice, dell’impegno pratico e sociale
della filosofia. Ripartirei quindi da questo con-
cetto di filosofia oggi, stiamo vivendo una sorta
di secondo ellenismo, per cui si pensa che la
filosofia debba solo lenire i mali dell’animo indi-
viduale e viene meno invece la dimensione pub-
blica e politica della filosofia, che invece dovreb-
be essere recuperata per la nascita anche del
senso comune.
D. In quella che Lei definisce l’epoca della
peccaminosità e del cretinismo economi-
co, l’ottimismo della volontà, può tutelare
dall’essere inglobati?
R. L’epoca della peccaminosità è un’espres-
sione che io prendo in prestito da
Fichte
, il
quale criticava il suo tempo qualificandolo come
un’epoca compiutamente peccaminosa. Credo
che per reagire a quest’epoca, che è compiuta-
mente peccaminosa proprio nella misura in cui
è in balia del cretinismo economico, si debba
ripartire da una visione critica, culturale della
realtà dove l’ottimismo della volontà è una for-
mula che deve essere sempre coniugata con il
pessimismo dell’intelligenza, con una consider-
azione dei rapporti di forza reali, altrimenti diven-
ta un utopismo astratto. Ripartirei da queste due
dimensione che, non a caso Gramsci teneva
insieme: ottimismo della volontà e pessimismo
dell’intelligenza. Devi conoscere la realtà nella
sua spietatezza per poter agire.
D. Come si può sopravvivere nella nostra
Italia indebitata, corrotta e globalizzata.
Forse con il coraggio?
R. Intanto bisogna riscoprire proprio le radi-
ci culturali. Se non c’è cultura non c’è nulla.
Bisogna far capire agli italiani cose ovvie di per
sé, come per esempio: se vai in giro e dici agli
italiani che in Italia oggi ci sono 115 basi militari
statunitensi cadono dal pero o pensano che sia
irrilevante.
La corruzione è uno dei tanti problemi, ma tra i
vizi degli italiani c’è quello di pensare che ci sia
solo quello di problema.
D. I filosofi si sono limitati ad interpretare il
mondo, mentre adesso è ora di cambiarlo,
scriveva Marx. Che ne pensa Diego Fusaro?
R. Penso che dal 1989 ad oggi la frase di Marx
sia imposta in senso rovesciato tramite filosofie
come quella post moderna ad esempio che
hanno imposto un orizzonte di senso per cui è
come se i filosofi abbiano cambiato il mondo e
si trattasse solo di interpretarlo ora, quindi una
rinuncia progressiva alla prassi politica di cui
dicevamo. Io invece penso che la filosofia di
Marx, nella sua valenza pratica, abbia ancora
molto da insegnarci. Per questo ripropongo
anche una necessità di ripartire da Marx che è
anche il teorico del conflitto, della prassi politica.
L’epoca odierna si nutre del nichilismo della fretta
“Il bene è pari al sole e come il Sole con la
sua luce dona visibilità alle cose, così il bene
offre intelligibilità alle idee”.
Ama. È un invito affascinante. Rappresenta allo
stesso tempo un’esortazione, uno stimolo, un
imperativo morale.
Un tale incoraggiamento riporta alla mente le
straordinarie parole di Kant: “Due cose riem-
piono l’animo di ammirazione (..), il cielo stellato
sopra di me e la legge morale dentro di me”.
Non si tratta di affermazioni buttate lì a caso o
di un riuscito esercizio retorico; per il filosofo
tedesco la base di ogni valore morale era la
razionalità posta a servizio della buona volontà.
Ed è proprio questo l’amore che vogliamo nar-
rare in queste pagine, uno stile di vita che trae
i suoi significati da una scelta razionale che si
pone al fianco di una esperienza estetica. Si,
perché l’amore, per come vogliamo declinarlo, è
bellezza. È la purezza dell’anima che si concre-
tizza nel fare di tutti i giorni; è il senso di mera-
viglia del bambino che vive in ciascuno di noi
che si cristallizza in un servizio attento all’altro.
Quando si parla di amore è necessario essere
prudenti e consapevoli di utilizzare un termine
inflazionato dal troppo uso e sottoposto ad una
deriva mediatica preda di capricci, attacca-
menti ed appetiti; un miscuglio di significati che
segue in modo acritico i titoli dei romanzi e il
ritornello delle canzoni. Per noi si tratta di qual-
cosa di diverso. È l’esperienza spirituale di chi
va alla ricerca dell’altro dovunque egli sia, della
sua unicità e del suo valore intrinseco di perso-
na. Vogliamo declinare e narrare un amore uni-
versale che non conosce alcuna forma di discri-
minazione. Nel piccolo universo che intendiamo
descrivere, la fantasia si pone, quindi, al servizio
della dimensione del fare: “Ama e fai quello che
vuoi”, affermava Agostino e basterebbe questa
frase per definire in modo esaustivo un percorso
culturale ed un progetto di vita. Siamo consa-
pevoli di non affrontare un tema inedito. Siamo
invero in ottima compagnia. Già Platone descri-
veva l’idea del bene come il Principio di ogni
altra idea. “Il bene è pari al sole e come il Sole
con la sua luce dona visibilità alle cose, così il
bene offre intelligibilità alle idee”. Dinanzi a tali
giganti del pensiero non possiamo che sentirci
piccoli ed inadeguati ma ci consola la consape-
volezza di non voler avventurarci in un riuscito
componimento stilistico. La nostra ambizione
è dar vita ad un cantiere sempre aperto, una
sorta di “laboratorio di fraternità”, che osserva il
mondo, riflette sulle diverse dimensioni dell’a-
more e le sue possibili realizzazioni.
Forse ci stiamo sforzando di descrivere una
chimera, un progetto irrealizzabile. Ma questo
sogno ci ha tenuto per mano per tutti questi anni
e ancora guida i nostri passi. Questa piccola
rubrica intende per l’appunto, cogliere l’essenza
e la spiritualità di tale utopia cercando ogni
volta il modo di farne dono.
AMA. Spiritualità e dintorni
spiritualità