Itaca n. 4 - page 1

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Itaca
La foto di Aylan Kurdi, tre anni, morto
annegato mentre con il padre e il fratellino
tentava di raggiungere la “vita nuova”, è una
foto che mostra e insieme rispetta.
Di Giuseppe Frangi.
Immaginavo: Giotto che dipinge la Strage degli
Innocenti sui muri della Cappella degli Scrovegni
di Padova e per correttezza etica decide di “pixe-
lare” i volti dei bambini trucidati dagli sgherri di
Erode. Sono minori. Vanno rispettati. Non è un
paradosso: cosa sarebbe della nostra coscienza
di uomini di 700 anni dopo se non avessimo
assimilato la dimensione della tragedia inno-
cente documentata visivamente da quel genio?
Cosa sapremmo del dolore bambino? Chiaro,
esiste la realtà, quella concreta, vissuta da cia-
scuno che insegna; che purtroppo mette spesso
davanti, non alla rappresentazione, ma alla “fat-
tualità” di quel dolore. Eppure la rappresentazio-
ne ha qualcosa di diverso. La rappresentazione
è condivisione, è chiamata ad una partecipazio-
ne collettiva: quel dolore ci riguarda nella carne
anche se non ha attraversato la cronaca della
nostra vita. La rappresentazione è coscienza del
mistero drammatico, sconvolgente che circonda
il dolore innocente. Perché? Quale il senso? Se
si è uomini liberi e non dogmatici, è impossibile
non lasciarsi trapassare da quelle domande che
feriscono nel profondo. Così l’artista, con la
sua capacità di sintesi poetica delle immagini,
ci chiama alla realtà. Nulla di più distante dal
voyeurismo, che oggi legittima (purtroppo) la
“pixelatura” di tante tragedie. Il dolore innocente
va rispettato, certamente. Ma in qualche modo
deve balzare sotto i nostri occhi, perché non
venga abbandonato tra le mura, generalmente
povere e sole, di chi ne è stato toccato diret-
tamente. La foto di Aylan Kurdi, tre anni, morto
annegato mentre con il padre e il fratellino ten-
tava di raggiungere la “vita nuova”, è una foto
che mostra e insieme rispetta. Sulla spiaggia
di Bodrum, appena accarezzato dal mare, la
faccia affondata nella sabbia, le braccia rivoltate
all’indietro nel segno della resa, Aylan è un altro
di quegli innocenti che potremmo aggiungere
alla sfilata dei piccoli santi (per la chiesa sono
santi: festa il 28 dicembre) dipinti da Giotto sul
muro degli Scrovegni. Non c’era Giotto a dipin-
gere Aylan. Su quella spiaggia c’era invece una
giovane fotografa, Nilufer Demir, che per spie-
gare le ragioni di quello scatto ha detto: «Volevo
solo mostrare il dolore che ho provato vedendo
Aylan». È il lasciarsi trafiggere dal dolore che
rende umana un’immagine, che la strappa dalle
sabbie mobili della strumentalizzazione e della
spettacolarizzazione. L’immagine di Aylan non
ha solo commosso, ha anche mosso. Ha sta-
nato le coscienze arroccate su certezze, tanto
arroganti quanto fragili. «Sono venuta al mondo
per scattare quella foto», ha detto Nilufer. Per
fortuna Dio ha regalato agli uomini gli artisti,
anche gli artisti per un giorno.
La rappresentazione è coscienza del mistero
Cappella degli Scrovegni, dettaglio affresco La strage degli innocenti, Giotto.
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