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varie ed eventuali
Non essendo né operatori né utenti diventi
per loro un confidente, una valvola di sfogo,
la compagna di sigaretta, la persona con
cui fare due battute in più o una partita a
carte.
Quando arrivi la domanda è una: “Perché hai
scelto di venire qua?” o più esplicitamente “chi
te l’ha fatto fare?”
Quando hai scelto questo tipo di servizio civile,
le tue motivazioni ruotavano intorno alle espe-
rienze di tossicodipendenza che hai vissuto.
Per un parente, un amico, per la società in
cui vivi. Lo hai scelto perché questo ambiente
è legato al tuo percorso di studi. Hai scelto
senza pregiudizi, perché credi di poter dare
qualcosa in questo ambito. Lo hai scelto per
necessità lavorativa, ma nello stesso tempo
per testarti, per metterti alla prova. Sei giovane
e la strada è ancora in costruzione, forse è la
tua, forse no. Devi provare.
Arrivi e i ragazzi ti guardano come se tu fossi la
ragazza giovane e pura, con poche esperienze
di vita, senza problemi o nulla a cui pensare. Si
presentano a te come i detentori di una verità
di vita, data dalle sostanze, che tu non puoi
minimamente comprendere.
Ti scrutano per capire quali sono i tuoi punti
deboli e nello stesso tempo cercano di fare
bella figura ai tuoi occhi. Ti raccontano qual-
cosa delle loro vite. Chi più chi meno e allo
stesso tempo muoiono dalla voglia di sapere
un po’ di te.
In fondo tu sei appena arrivata e tante dinami-
che non le conosci minimamente.
Vieni “istruito” sul come comportarti, su cosa
prestare attenzione, ma la realtà è che non
esiste il manuale del buon volontario del
Servizio Civile.
Ci devi sbattere la testa, farci le ossa, sbagl-
iare e conquistarsi la fiducia e il rispetto. Ci
vuole tempo e probabilmente non si finirà mai
di imparare. Sono persone, fatte di storie e
vissuti e proprio per questo è difficile scindere
da ciò chè è solo lavoro e quelli che sono i
rapporti umani.
Passi molto tempo con i ragazzi, in alcuni gior-
ni anche troppo.
Non essendo né operatori né utenti diventi
per loro un confidente, una valvola di sfogo, la
compagna di sigaretta, la persona con cui fare
due battute in più o una partita a carte.
Dopo mesi ce l’hai fatta; un po’ hai tolto di
dosso quell’immagine di persona plagiabile,
un po’ di rispetto te lo sei conquistato, ma
rimani con i piedi per terra..Fiducia e confiden-
za si, ma fino ad un certo punto. Sei sempre
un lavoratore e di fronte a te ci sono gli utenti.
Sei energica, piena di aspettative riguardo ciò
che potrai offrire loro, ma giorno dopo giorno
scopri che c’è molto che possono insegnarti.
Pensavi di dover solo dare. Scopri invece che
puoi avere, tanto.
di Francesco Maranesi
Quello che ho avuto il piacere di leggere è un
racconto chiamato “Le petit Prince” ossia, “Il
piccolo principe” celebre ormai da anni per
presunti insegnamenti e spunti di riflessione.
Dalle pagine lette a mio avviso si evince un
quadro assai critico, che se era presente ai
tempi di Saint- Exupery è alquanto preoccu-
pante. Il racconto ci illustra una grave differen-
za tra il mondo degli adulti e il mondo di ques-
to presunto “piccolo principe” che possiamo,
volendo, ricollegare alla figura infantile di
questo aviatore, rimasto deluso dall’inattenzi-
one degli “adulti” verso i suoi cobra (dentro e
fuori) che lo hanno portato ad immedesimarsi
in un piccolo principe alla ricerca di un filo di
contatto, un contatto che trova con questo
aviatore, ovvero sia con se stesso, perché
tanto agli adulti “interessano solo i numeri”.
Ciò dice il racconto, eppure in tutto questo
contesto drammatico, se consideriamo che
è patologico pensare di sdoppiare il proprio
“Io” in un “Sé” infantile ed in un “Sé” adulto, la
differenza evidente tra un mondo adulto e un
mondo infantile se non che l’autore inizia con
il narrare di fatti avvenuti ad egli steso all’età
di sei anni. Il fatto che il racconto parta da lì
ci lascia presupporre come ormai, c’è questo
conflitto inasprito poi dagli studi che lo stes-
so aviatore (e quindi appunto viaggiatore tra
questi due mondi) abbia dovuto fare. Strade
diverse che si intrecciano, e si ritrovano però
nella semplicità dell’osservare le cose belle
della vita, seppure a volte ci lascino riflettere
su come mai osserviamo poco il “mondo cir-
costante” e su come ci lasciamo ingannare.
Infatti, fin dalle prime pagine di questo racco-
nto si capisce che l’autore sottolinea un grave
disagio sociale dei giovani, dovuto a metafori-
ci baobab che “vanno estirpati subito” quindi
“la pianta va addrizzata quando è piccola”,
anche qui c’è segnale conflittuale tra la figura
adulta presente nel soggetto scrivente che si
oppone a quella dell’infante rappresentata dal
piccolo principe.
L’intero racconto è basato principalmente su
questo conflitto, di facile deduzione quest’ip-
otesi, poiché in più passaggi si capisce come
“gli adulti manchino di immaginazione” e
come invece sia la stessa immaginazione a
rendere il mondo migliore, ovvero a sempli-
ficarlo. Da questo racconto penso si possa
imparare una cosa sola, che come lo era anni
fa, ed oggi, è difficile comunicare. In tutti i
sensi sia emotivi che in riferimento a rapporti
familiari.
Il racconto ce lo ricorda diverse volte sotto-
lineando l’importanza di dare meno peso alle
cose “superflue” e valorizzare quelle sempli-
ci. È facile dunque aggiungere come uno
scultore balocco elementi ad una cosa già
bella e piena di dettagli, mentre è più difficile
semplificare.
Sevizio Civile:
“pensavi di dover solo dare.
Scopri invece che puoi avere, tanto”
recensione
Il Piccolo Principe e il distacco di due
mondi tra cicli vitali “insegnamenti”
e intrecci della società moderna