Di Libreria Rinascita
U
fenomeno del fondamentalismo hanno
creato un humus di chiusura e paura del
diverso che trova le sue forme più
inquietanti nei confronti della cultura del
vicino Oriente. L’Islam, una della tre
religioni del Libro, cugina del Cristianesi-
mo e per secoli baluardo di sapienza è
diventato nell’immaginario collettivo un
nemico totale da annientare. Persone
anche miti immaginano questa fede e la
cultura ad essa collegata come un unico
territorio di intolleranza, fanatismo e
violenza. Nonostante gli sforzi di tanti
intellettuali e delle comunità islamiche
che vivono e prosperano pacificamente
in tutto il mondo sembra che la visione
“perversa” del terrorista abbia sover-
chiato tutto il resto. A questa orribile
narrazione, che è ingiusta per le comuni-
tà legate alla fede di Maometto e alla
nostra stessa cultura liberale, possiamo
opporre i messaggi che troviamo nei
libri. Per questo voglio dedicare il
presente articolo a un volume bellissimo
che racconta un incontro struggente:
quello tra uno dei maggiori intellettuali di
origine islamica, Navid Kermani, scrittore
tedesco ma profondamente legato alla
sua cultura di provenienza, e il mondo
dell’arte del Rinascimento, forse punto
più alto della rappresentazione della
bellezza nella storia.
Kermani ci accompagna in un viaggio
attraverso alcune delle opere più
iconiche del nostro passato. Il cristiane-
simo è stato per secoli l’ispiratore di tutta
l’arte occidentale, guidandone le scelte
stilistiche, i linguaggi e le tematiche
rappresentate. Questa guida, a volte
leggera a volte invasiva, ha creato un
caleidoscopio di figure dalla struggente
bellezza e profondità. I volti delle Madon-
ne, il corpo piegato del Cristo in croce, la
raffinatissima cesellatura dei paesaggi
che spesso accolgono santi e angeli
sono stati, non solo mezzi per esprimere
la finezza tecnica di grandi artisti, ma
anche un mezzo per comunicare un
messaggio che era soprattutto mistico.
Di fronte alla sorprendente atmosfera
della Vergine delle Rocce di Leonardo
noi occidentali siamo stupiti e commossi
ma forse (e qui sta la vera ricchezza di
questo libro) troppo “immersi” nella
cultura per percepire tutta la forza del
messaggio contenuto in quel gioco di
sguardi. L’autore invece ci apre alla sua
visione. Da spettatore obliquo ed ester-
no, proveniente da un altro mondo, che
non dà per scontato tante sovrastrutture
“occidentali”, ci permette uno sguardo
fresco, libero da preconcetti e gabbie
semantiche. Grazie a questo libro
all’immagine, incapaci di vederne la
dirompente forza e violenza.
Se questo è l’esempio più evidente della
differenza di sensibilità tra il nostro
scrittore e la visione occidentale
dell’arte cristiana, altrettanto profonda e
significativa è l’abbandono e la dolcezza
che il nostro trova nelle figure mariane
oppure la profonda soggezione che
sente di fronte alle ieratiche icone della
tradizione ortodossa.
Vorrei che questo libro possa essere
considerato una specie di strumento per
noi occidentali perchè per imparare a
vedere di nuovo a volte serve cambiare
prospettiva, abbandonare i propri
schemi interpretativi e accogliere in sé la
diversità che arricchisce e ci rende più
consapevoli e aperti.
La bellezza è una porta verso ciò che ci
rende umani, verso la radice che ci
ricorda che la nostra esistenza - non
solo puramente fisica - è aperta verso
una ulteriorità a cui non siamo in grado
di dare un nome (sebbene tutte le fedi ci
abbiano provato) ma che sentiamo a noi
affine e vicina. Questa presenza
nell’assenza è l’incurabile, è la nostalgia
che da sempre accompagna ogni mani-
festazione del bello che non sia solo
estetico ma anche vivo e profondo. In
quel punto percepiamo una vibrazione
che ci obbliga a pensare, a scegliere, a
vivere maggiormente in sintonia con il
bene.
La vertigine che proviamo in questi
incontri può essere un salto nel buio ma
è anche il primo atto per imparare a
volare.
possiamo vedere alcune opere come se
fosse la prima volta.
Le figure assumono un nuovo significa-
to. Ad esempio ri-scopriamo San
Francesco, ci rendiamo conto di quanto
sia terribile per un non-cristiano il nostro
“scontato” crocifisso a cui degniamo
solo sguardi distratti. Il figlio dell’uomo
che subisce il martirio diventa per
Kermani un punto di non ritorno non
solo artistico ma soprattutto etico. Ho
trovato molto suggestiva e illuminante la
difficoltà dell’autore ad accettare
l’immagine dell’uomo Gesù appeso in
croce. Proprio lo stupore, la pena e il
senso di smarrimento che Kermani
racconta di fronte al crocefisso sono
forse ciò che dovremmo provare anche
noi se non fossimo ormai assuefatti
n libro bellissimo e raffinato ci
mostra come, a volte, per
vedere davvero lo splendore
di ciò che appartiene alla
nostra cultura, serva lo sguardo obliquo
di una alterità. Un saggio che è anche
un dialogo profondo tra la cultura
occidentale e la cultura orientale.
L’edizione 2018 dell’Ama Festival è
dedicata al tema profondo e bellissimo
dell’Incurabile Bellezza. Si tratta di una
coppia di parole quasi ossimoriche che
spiazza il lettore e obbliga ad aprire una
pausa di riflessione. La bellezza come
vulnus, come apertura che è ferita
insanabile, è un topos letterario antico.
In fondo la struggente figura di Eros
descritta nel Simposio, demone, figlio di
povertà e ricchezza, che vive l’insaziabi-
le fame di bellezza, è il primo testimone
che ciò che è veramente bello apre in
noi uno squarcio, ci obbliga a ripensare
noi stessi e a ricevere un colpo che poi
sarà cicatrice. Come tutte le grandi fedi
e mistiche ci insegnano, solo chi è stato
colpito e “messo alla prova” può
accedere a una conoscenza più alta e
profonda.
Partendo da questo assunto ho pensato
che sarebbe stato sicuramente interes-
sante, nel vastissimo mare della lettera-
tura e della saggistica, cercare un
volume che fosse capace di darci degli
spunti che non fossero solo un modo
per parlare di bellezza, ma che avessero
anche la possibilità di pensare diversa-
mente uno dei temi più scottanti e
difficili del nostro mondo contempora-
neo.
Risulta evidente che uno dei miti media-
tici del nostro tempo è il rapporto
conflittuale e mal gestito con l’alterità.
Migrazioni, globalizzazione e il tragico
Per imparare a
vedere di nuovo
a volte serve
cambiare
prospettiva,
abbandonare i
propri schemi
interpretativi e
accogliere in sé la
diversità.
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CONSIGLI DI LETTURA
La bellezza degli altri
La bellezza
è una porta verso
ciò che ci rende
umani, verso la
radice che ci
ricorda che la
nostra esistenza è
aperta verso una
ulteriorità a cui
non siamo in grado
di dare un nome.
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