interviste
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perl’appunto
L’emulazione del Bene
Intervista a Gabriele Nissim, presidente di
Gariwo, la Foresta dei Giusti.
Di Redazione
C
he cos’è Gariwo, la foresta dei gi-
usti?
Gariwo è un acronimo che vuol dire
“foresta dei giusti di tutto il mondo”;
abbiamo fondato Gariwo all’inizio del seco-
lo, nel 2000, prendendo come riferimento
l’esperienza ebraica della Dimora dei Giu-
sti, che era nata in Israele dopo il processo
a
Eichmann
. Nel 1960 era stata votata una
legge dal Parlamento israeliano che invitava
a ricordare i Giusti che avevano salvato gli
ebrei. Il concetto era quello di ricordare ac-
canto alle vittime, e accanto a quelli che era-
no stati i carnefici, anche chi aveva aiutato:
coloro che durante quel momento estremo si
erano comunque assunti una responsabilità
verso gli ebrei.
Il punto nuovo che ho voluto sviluppare, in-
sieme ovviamente a tutta Gariwo, è stato
quello di estendere questo concetto di “giu-
sto” dalla Shoah a tutti i genocidi e crimini
contro l’umanità; mi sono detto “quest’idea è
un’idea molto importante, molto forte, e deve
diventare un’idea universale”. Per questo nel
2003 abbiamo istituito, a Milano, il “Giardino
dei Giusti in tutto il mondo, in cui sono sta-
ti ricordati i salvatori di diversi genocidi, chi
aveva difeso la verità, chi aveva testimonia-
to, e tutte le figure che di fronte al male han-
no cercato di assumersi una responsabilità.
La nostra idea è stata fare in modo che
queste figure di giusti potessero diventare
degli esempi positivi per i giovani d’oggi,
rompendo con uno schema deterministico
della storia per cui molto spesso sembra
che il male sia un evento ineluttabile, qual-
cosa più grande di noi
. Il male non è mai
demoniaco, il male nasce sempre dal buon
senso: non esiste dittatura o crimine contro
l’umanità che non veda la partecipazione
della gente; i giusti rappresentano le persone
che, nei differenti contesti, prendono le di-
stanze dal male e si assumono delle respon-
sabilità. Questo secondo me è il messaggio
di Gariwo: far vedere l’altra possibilità. Noi
siamo partiti da eventi tragici per racconta-
re queste persone che hanno deciso di agire
diversamente, che hanno preso il treno che li
portava a diventare, loro stessi, un argine nei
confronti del male.
Nel suo libro “La bontà insensata” de-
scrive l’eroismo dei giusti come l’espe-
rienza di persone normali.
Io ritengo che i giusti siano delle persone
normali, poiché tutti hanno la possibilità di
essere giusti, ma non è che si chieda eroismo
o di andare contro il tuo istinto di sopravvi-
venza, o di rinunciare ai piaceri della vita, alla
famiglia, al lavoro… La persona giusta è una
persona che ama la vita, non è una persona
votata al martirio.
Ho utilizzato il concetto di “
giusto imperfet-
to
” poiché se analizziamo queste storie tro-
veremo delle ambiguità, l’ambiguità stessa
del bene; prendiamo ad esempio il famoso
caso di
Schindler
, che all’inizio fece una
fabbrica per guadagnare con gli ebrei, ma in
seguito ha avuto una crisi di coscienza e li
ha salvati. Oppure ricordo un altro dei miei
personaggi,
Dimitar Peshev
, presidente del
parlamento bulgaro, che pur avendo votato le
leggi razziali, ha poi cambiato idea, fermando
i treni pronti a partire per Auschwitz e liberan-
do gli ebrei. Raccontavo anche ne “La bontà
insensata” la storia di una giovane kamikaze
che è arrivata a Tel Aviv con tanto di cintura,
poi ha visto dei ragazzi e ha pensato: questi
assomigliano ai miei amici, e questa persona
ha deciso di non mettere più la bomba.
”
Queste persone non sono dei santi
votati al martirio, ma di fronte
al male hanno visto il male e hanno
cominciato a ragionare.
Noi non dobbiamo trasmettere
un’idea eroica del bene, ma
dobbiamo trasmettere l’idea
che tutte le persone normali possono
fare degli atti di responsabilità.
“
Su questo ha ragionato molto bene la filosofa
Hannah Arendt
, quando diceva che l’uomo
ha sempre la capacità di giudicare da solo,
di interrogare la sua coscienza. Lei dice: non
che quelli che si sono opposti al Nazismo
fossero persone diverse dalle altre, ma la dif-
ferenza tra queste persone e quelle che han-
no seguito i carnefici è che queste persone
hanno avuto la forza e la capacità di pensare
da sole. Io credo che sia molto importante
dire che la possibilità di pensare - che è an-
che la possibilità di mettersi al posto degli al-
tri, la possibilità di guardare il mondo - è una
prerogativa che hanno tutti gli esseri umani,
si tratta solamente di abituarsi a farlo.
Gariwo ha ottenuto dal Parlamento eu-
ropeo l’approvazione di una dichiarazione
scritta per l’istituzione di una Giornata
dei Giusti il 6 marzo. Qual è il significato
di questa decisione e quali sono le figure
celebrate nel 2016?
La dichiarazione scritta, approvata nel 2012,
è un primo passo, poiché queste giorna-
te vivono solo se trovano il consenso delle
società; a questo proposito noi spingiamo
affinché si creino degli eventi, si facciano ini-
ziative nelle scuole, e si creino questi Giar-
dini dei Giusti. Cerchiamo di costruire que-
sta giornata dal basso perché vogliamo che
questa giornata possa vivere. A me piace
l’idea che sia una
giornata che ven-
ga vissuta con
grande sincerità,
con passione, e
quindi lo sforzo
che facciamo è
estendere que-
ste celebrazioni
in tutta Europa,
perché
voglia-
mo che questa
Giornata possa
diventare un invi-
to all’emulazione
del bene.
Pongo
questa
domanda:
chi
sono i giusti nel
nostro tempo?
Oggi noi viviamo
una situazione di
crisi, non chiara,
in cui la gente ha
molta paura per-
ché non capisce
bene dove sta
andando il mon-
do. La questio-
ne dei migranti,
ad esempio, è
una delle grandi
sfide di oggi, e
vediamo come
la Comunità Eu-
ropea non sia
in grado di dare
delle risposte, facendo emergere tutti que-
sti egoismi nazionali: è mancata l’idea che la
Comunità Europea potesse avere un piano
complessivo per affrontare la situazione. La
nostra generazione è nata a partire dall’ideale
dell’Europa unita, che ha permesso un’isola
di pace dopo che l’Europa si era suicidata
con le due guerre mondiali, e oggi sembra
quasi che per vivere meglio bisogna rinuncia-
re all’Europa.
Io credo che di fronte a queste grandi que-
stioni del terrorismo e del nazionalismo dob-
biamo pensare ai giusti del nostro tempo. Io
penso che i giusti del nostro tempo siano,
ad esempio rispetto al fenomeno fondamen-
talista e terrorista, tutti i giusti arabi di cui si
parla poco, con le donne che difendono l’e-
mancipazione femminile in paesi fondamen-
talisti, o le
persone che sono intervenute per
salvare delle vite durante gli attentati terro-
ristici. Possiamo trovare molti esempi, come
Lassana Bathily
che a Parigi ha salvato degli
ebrei durante l’attentato all
’HyperKasher
,
affermando “per me l’Islam è un’altra cosa”,
oppure
Hamadi Ben Abdesslem
, che ha sal-
vato gli italiani durante l’attentato al Museo
del Bardo, o ancora
Faraaz Hossain
, questo
giovane che durante l’attentato al ristorante
di Dacca, si è rifiutato di uscire, nonostan-
te musulmano, per non abbandonare le sue
amiche.
Poi ci sono i Giusti che salvano vite nel Medi-
terraneo, chi oggi in Europa cerca di trovare
delle soluzioni, chi lavora per l’integrazione:
queste sono delle persone giuste.
Oggi viviamo in una situazione in ebol-
lizione, ed è proprio in questa situazione
che credo sia molto importante dire che
non ci sono solo i giusti del passato, ma ci
sono i giusti anche oggi e ne abbiamo bi-
sogno.
Non avremmo bisogno di giusti nelle
situazioni normali, le scelte etiche nelle situa-
zioni normali fanno parte della quotidianità;
ma è nelle situazioni complesse, critiche, che
quei comportamenti diversi possono fare la
differenza. Quindi secondo me, noi dobbia-
mo presentare queste figure per creare una
sorta di emulazione nei loro confronti.
Qual è il potere della memoria?
La memoria non serve a niente se non ti fa
riflettere sull’oggi.
È molto importante rac-
contare la storia e dare gli strumenti per spie-
gare da dove siamo venuti, però penso sia
altrettanto importante capire che la memoria
non è sempre sufficiente, che la memoria va
raccontata e va spiegata, ma ci vuole anche
la capacità di usare la memoria per interro-
garsi sul tempo presente.
Dico spesso che la memoria della Shoah
deve diventare una lente di ingrandimento
per guardare ad oggi; troppo spesso sembra
quasi che la Giornata della Memoria sia con-
cepita per chiedere alle persone di schierar-
si verso il passato. Credo che sia questo il
problema: bisogna sempre chiederci a cosa
serva la memoria oggi, poiché non basta ri-
leggere il passato se non si usa la memoria
per indagare il presente.
La scorsa estate è stato inaugurato il pri-
mo Giardino dei Giusti in un paese arabo.
Nello sviluppo di un dialogo, che ruolo ha
l’educazione?
È molto importante che nel mondo arabo,
così complicato, con tutti questi regimi tota-
litari e fondamentalisti, diamo importanza a
queste figure alternative: il Giardino dei Giusti
a Tunisi ha questo ruolo, vuole indicare a noi
e a loro quali sono le figure di riferimento.
Penso che l’educazione debba passare attra-
verso gli esempi, poiché gli esempi permet-
tono di trasmettere dei valori e di dare punti
di riferimento, di creare un’emulazione nei
confronti delle persone che fanno questi atti.
C’è poi un problema di educazione e credo
che, rispetto al fondamentalismo islamico,
si debba fare una grande battaglia culturale,
perché dobbiamo pensare che, come tutte
le situazioni estreme, la gente fa delle scelte
perché è convinta.
Noi dobbiamo fare una
battaglia culturale spiegando invece che
queste ideologie non salvano nessuno.
Io ho aperto su Gariwo un grande dibattito,
chiamando tanti esponenti del mondo isla-
mico in Italia ad intervenire su questo tema:
quali argomenti useresti tu per convincere
un terrorista a cambiare idea? Se ogni gior-
no leggiamo di attentati in tutto il mondo, e
se i terroristi hanno cellule in così tanti paesi,
è perché c’è un’attrazione culturale verso lo
scontro. Allora noi dobbiamo fare una batta-
glia educativa spiegando quali sono gli altri
valori, spiegando che la pluralità umana, il
bello, il bene e l’umanità fanno vivere meglio,
mentre la distruzione dell’altro rende infelice.
Questo secondo me è il senso del Giardino
dei Giusti.
Piccole note a margine di una conversazione.
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