Itaca n. 11 - page 13

S P I R I T U A L I T À E D I N T O R N I
gli inizi del mondo ogni tra-
dizione pone l’aria, il fuoco,
l’acqua, la terra e un albero
primordiale. Sarà lui con i
suoi discendenti ad arric-
chire l’atmosfera del pre-
zioso ossigeno al punto che
anche l’uomo possa nasce-
re e respirare. Tra queste
piante arboree le sempreverdi vennero per prime,
le
conifere
in particolare, e diedero origine alle
millenarie foreste. L’
abete
, il
pino
, sono austeri,
altissimi, longevi; sempre guardati con rispetto
e considerazione. Poi arrivarono le caducifoglie,
piante che in autunno si spogliano delle loro fo-
glie e a primavera si vestono di nuovo verde. Non
solo, molte si riempiono di fiori e poi di frutti. L’uo-
mo capisce che tali cangianti creature gli sono più
familiari non solo per utilità, ma per la loro cicli-
cità che indica lo scorrere delle stagioni e le fasi
della vita stessa.
Se c’è una pianta tra le caducifoglie che più di
ogni altra ha generato miti e favole, questa è la
quercia
. I greci la chiamavano drus, l’albero per
eccellenza, asse del mondo con le radici negli in-
feri e la chioma in cielo. Albero forte e maestoso
scelto da
Zeus
, spesso colpito dal fuoco del fulmi-
ne che di Zeus è l’attributo. Il santuario oracolare
più antico e famoso del mondo greco era quello di
Dodona
, in
Epiro
, dove c’erano fitti boschi di alte
querce. Le vecchie sacerdotesse
Peleiadi
ricava-
vano le risposte, ai quesiti dei consultanti, dallo
stormire delle foglie e dal suono dei recipienti di
bronzo appesi i rami. Nell’
Odissea al XIX
libro è lo
La quercia e i suoi boschi di storie
A
stesso
Ulisse
che va “a Dodona per udire dall’al-
ta quercia fronzuta il parere di Zeus sul modo di
tornare”.
Ovidio
narra il mito di Filemone e Bauci.
Due vecchi sposi che, accogliendo Zeus e Mercu-
rio travestiti da pellegrini, ottennero in premio di
rimanere per sempre insieme. Trasformati in tiglio
e quercia continuarono a restare abbracciati con
i loro rami, carezzandosi ad ogni alito di vento.
La quercia è stata oggetto di culto in tutta Euro-
pa: dai greci, ai romani, ai celti, ai cristiani. Il me-
dioevo aggiunse all’aspetto luminoso del grande
albero un altro in ombra. A tante querce della Ma-
donna, dove si pregava e riceveva protezione, se
ne aggiunsero altre delle streghe, da cui tenersi
lontani. Nei luoghi piceni la varietà più diffusa è
la roverella (quercus pubescens). Difatti una rove-
rella fu la quercia di
San Giacomo della Marca
con
la sua storia esemplare. Il Santo, nato nel 1393 a
Monteprandone
, da bambino pascolava il picco-
lo gregge di famiglia. Un bel giorno sotterrò una
ghianda e in una sola notte crebbe una quercia
gigantesca, circondata addirittura da un intero bo-
schetto. Arrivò il 1861 con l’Unità d’Italia e l’ordine
di tagliare il bosco di querce, il cui legno resistente
faceva e fa molta gola all’uomo. Dopo il taglio ne
rimase solo una, la più grossa, che era la quercia di
San Giacomo. L’enorme pianta, di oltre quattro secoli,
si salvò non per rispetto, ma perché ad ogni attacco
dei boscaioli reagì provocando incidenti. Per questo fu
sempre amata dagli abitanti ma anche molto temuta.
Più di quarant’anni fa il tronco si spezzò crollando a
terra e tutto sembrò finire. Invece dopo qualche anno
spuntarono dalla radice due freschi germogli che ora
sono diventati due giovani querce. Sono andato alla
loro ricerca. Non è facile trovarle, nascoste come
sono, sotto il nuovo parcheggio del Santuario. In
compenso crescono con insolito vigore e già fruttifi-
cano, addossate al vecchio tronco spezzato ricoper-
to di edera. Fosse per loro genererebbero un intero
bosco come ai tempi di San Giacomo. Ma gli interes-
si dell’uomo, che sfrutta ogni spazio, si allontanano
da quelli della natura.
E pensare che è consigliato abbracciare in silenzio
questi giganti. Per sentire scorrere la loro lenta, sag-
gia, forte esistenza e tentare di riappropriarci della
nostra così fragile e incerta.
Chiedendo scusa dell’incuria nella quale spesso,
troppo spesso, li abbandoniamo.
Di Americo Marconi
E pensare
che è consigliato
abbracciare in silenzio
questi giganti.
Se c’è una pianta tra le caducifoglie che più di ogni altra ha generato miti e favole, questa è la quercia.
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