Formazione e informazione 2012

02 ottobre 2012 3 A partire da fine di ago- sto, abbia- mo avuto modo di sentire una serie di ester- nazioni del Presidente del Consiglio in merito alla crisi del nostro pae- se, difficili da compren- dere. Dichiarazioni impe- gnative fatte al meeting di Rimini di Comunione e Liberazione e, nei gior- ni successivi, il coro dei suoi ministri ripetere con ostentazione di in- travedere “una luce in fondo al tunnel” e che il 2013 sarà un anno in cui l’Italia uscirà dalla crisi e tornerà a crescere. Non ci sarebbe da stupirsi di tutto questo se non per il fatto che tali dichiara- zioni, con toni da salva- tori della patria, seguono quelle delle settimane precedenti di ben altro tenore e gravità. L’im- provviso ottimismo di Monti, Passera e del mini- stro Fornero (“abbiamo risanato l’Italia, adesso tocca alle imprese inve- stire…”), è quanto mai singolare. Anzi, viene il sospetto che questo sia congegnato ad arte con l’aiuto determinante di due agenzie di rating, ser- va ad altro. Infatti, i rap- porti di Moody’s e Fitch di fine agosto danno segnali forti, minaccian- do nuove bocciature al nostro paese nel caso la politica del Governo do- vesse cambiare. Un vero e proprio condiziona- mento politico! Ancora oggi, la strategia da im- bonitori adottata dal Go- verno Monti non è stata abbandonata. Un giorno si dice al Paese che la ri- presa è dietro l’angolo e, quando torna utile, si af- ferma esattamente l’op- posto. Noi sappiamo che la realtà è ben diversa e non perché abbiamo la supponenza che le no- stre valutazioni siano la verità assoluta, ma per- ché tutti gli indicatori ci consegnano un fine 2012 e un 2013 ancora in forte recessione. Un Paese che non cresce anzi, arretra di almeno due punti di PIL nel corso del prossi- mo anno. La politica del rigore ad ogni costo col- pisce pesantemente lavo- ratori, pensionati, giovani e famiglie. Disoccupa- zione a livelli record, au- mento delle tasse, tagli ai servizi, riduzione del red- dito disponibile e attacco ai diritti sono il risultato del governo Berlusconi prima e Monti adesso. Sull’occupazione, biso- gnerebbe che i ministri di questo Governo non eletto, si ricordassero del- la grande responsabilità che l’articolo 4 della no- stra Costituzione assegna allo Stato e cioè quella di promuovere le condizio- ni che rendono effettivo il diritto al lavoro, evitan- do di ripeterci che il lavo- ro non è un diritto esigi- bile e adottando da subi- to, misure urgenti per far ripartire gli investimenti e creare lavoro. La crisi economica, aggravata da una politica sbagliata e iniqua del Governo Mon- ti, si fa sentire anche nel- la nostra Regione dove la situazione è molto critica e probabilmente rimarrà tale per i prossimi due anni. I segnali, infatti, sono tutt’altro che inco- raggianti. Il settore indu- striale, il turismo (a parte le fiammate d’agosto), le costruzioni e il commer- cio, registrano dall’ini- zio della crisi numerose chiusure d’imprese. Un fenomeno che sembra inarrestabile con gravi conseguenze dal punto di vista occupazionale. C’è il rischio sempre più tangibile di una crescen- te desertificazione pro- duttiva della Valle d’Ao- sta. I dati riferiti all’oc- cupazione segnano per- centuali mai registrate in Valle, peggiori di tutto il nord-ovest, con un 7,3% di disoccupati, il risultato peggiore degli ultimi otto anni. Mentre la disoccu- pazione giovanile vola oltre il 22% (dieci punti in più della provincia di Bolzano). Da un’indagine Unioncamere-Ministero del Lavoro emerge che la Valle d’Aosta perde nel 2012 (solo per contratti a termine non rinnovati) il maggior numero di posti di lavoro delle province del nord, attestandosi a -2,3% pari a 640 unità. Questi dati dimostrano come la crisi colpisca forte in Valle d’Aosta an- che per l’endemica fra- gilità del nostro sistema economico, nonostante le ingentissime risorse pubbliche distribuite nei decenni ad imprendito- ri, spesso provenienti da fuori regione, per soste- nere un reinsediamento produttivo mai realizza- to. Risorse finanziarie in gran parte disperse nel nulla e che dimostrano il fallimento di una politica che ha sempre guardato troppo a se stessa più che al bene della nostra co- munità. Il dramma della Valle d’Aosta è quello di non aver saputo e voluto indirizzare le cospicue ri- sorse pubbliche disponi- bili per creare un sistema economico e produttivo solido che oggi avrebbe permesso di mettere la nostra regione al riparo da situazioni di crisi o perlomeno di attenuarne le conseguenze. Incenti- vare la ricerca e l’inno- L’autunno che ci aspetta

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