Spazio al Lavoro n. 5 del 2013

| 4 spazi o lavoro a l non ritengono proficuo impara- re in modo sistematico la lingua italiana. Ne consegue un blando apprendimento di questa, di tipo spontaneo, che le mette in una po- sizione di quasi emarginazione, o al massimo di sopravvivenza, ri- spetto anche alla scuola frequen- tata dai figli o al mercato del la- voro. Questo non avviene in tutte le culture di appartenenza, infatti vediamo che le donne che giungo- no con contratti di badanti (assi- stenti personali) hanno un’espo- sizione alla lingua maggiore e, se non imparano bene quella scritta, riescono a cavarsela meglio nella società di accoglienza, anche gra- zie al lavoro svolto. Altri cittadini non italofoni, arrivati in Italia con la più recente normativa (e quindi entrati dopo marzo 2012), devono firmare il “patto d’integrazione” che li obbliga ad imparare ade- guatamente nell’arco di due anni la lingua italiana ad un livello (certificato) non inferiore ad A2. Se alcuni progetti accolgono pre- valentemente o esclusivamente donne, magari con bambini pic- coli, offrendo loro un servizio di baby-sitting, altri corsi, tra cui quello organizzato dalla CGIL ad Aosta, denominato “Lavori in cor- so”, hanno dato spazio ai molti uomini, di varia età, che si sono resi conto dell’importanza della lingua italiana, anche se solo re- centemente. Come si dice, “non è mai troppo tardi”, pensando soprattutto a quelli che, in pos- sesso di una residenza di almeno 5 anni, possono svolgere un test di lingua italiana presso il CTP di Aosta che permette loro di ottene- re un permesso di lunga durata, regionale da un paio d’anni, han- no frequentato i corsi di italiano presso la CGIL, cogliendo l’op- portunità di imparare la lingua e, contemporaneamente, di occupa- re il troppo tempo libero a dispo- sizione. Quali prospettive per que- sti ragazzi? Alcuni tentano anche la strada dell’istruzione, alle “150 ore” o ai corsi serali. Altri vedono nella formazione, laddove possibi- le, un riscatto dignitoso alla loro fuga dal Paese d’origine. Comin- ciare dall’apprendimento della lingua è senz’altro un buon inizio di percorso. Bisogna che l’Italia se ne faccia una ragione: il fenome- no dell’immigrazione non è tran- sitorio, come molti hanno pensato fino a poco fa, ma fa parte della vita dell’uomo sin dalle sue origi- ni. Spostarsi verso mete migliori, anche solo per la sopravvivenza, porterà ancora uomini e donne verso i nostri Paesi “fortunati”, persone che scappano (e muoiono prima ancora di arrivare in Italia), come continua a succedere con gli sbarchi sulle coste italiane, o che cercano di costruire da noi un fu- turo per loro e la famiglia. La Cgil, come promotrice dei dirit- ti dei lavorati e dei diritti dell’in- dividuo, ha messo a disposizione i suoi locali, le sue energie, la sua esperienza per dare l’opportunità allo straniero di meglio conosce- re la realtà italiana, con i corsi di educazione civica in particolare, e le istituzioni regionali che possono supportare lo straniero ad acqui- sire l’idea di una partecipazione attiva e negoziata. I corsi di edu- cazione civica possono infatti rap- presentare un primo importante passo per una partecipazione at- tiva e una effettiva integrazione nella società italiana. Durante gli incontri si è evidenziato in alcuni casi una mancata conoscenza dei diritti in ambito lavorativo e della legislazione inerente allo status di “straniero”. La domanda da porsi è: quale tipo di immigrazione la società italia- na vuole? L’immigrato-tipo è spin- to realmente ad una partecipazio- ne attiva alla vita sociale oppure si preferisce un immigrato che non accampa diritti, alla mercé del potere economico, privo degli strumenti (anche linguistici e giu- ridici) utili ad affrontare le sfide che una società complessa conti- nuamente prospetta? L’Italia non può più tirarsi indie- tro ad una moderna e civile nor- mativa (vedi la legge sulla cittadi- nanza in base allo “ius soli” o sui diritti dei profughi): di qualunque provenienza sia il cittadino stra- niero è prima di tutto “persona” e come tale deve avere il rispetto che merita. $ M elinda F orcellati T iziano P icca P iccon S i sono conclusi nell’ultima settimana di maggio i corsi di lingua e cultura italiana e di edu- cazione civica organizzati dalla CGIL Valle d’Aosta grazie al finan- ziamento dell’Assessorato Regio- nale alle Politiche Sociali e ai Fon- di Europei per l’Integrazione dei cittadini stranieri. Molte le richieste giunte alle sedi di Aosta, bassa e alta valle e buona l’affluenza agli incontri: evidente- mente la necessità di apprendere la lingua italiana da parte di cit- tadini dei cosiddetti “Paesi terzi”, residenti da poco o molto tempo in Italia, è ancora elevata. I par- tecipanti hanno dimostrato, infat- ti, interesse verso gli argomenti trattati nei corsi, non solo verso l’apprendimento della lingua ita- liana tout court . Ciò dimostra che, nonostante la recente normativa che li vede dipendere da un per- messo di soggiorno “a punti”, la volontà di integrazione di questi “nuovi cittadini” è alta. Certo, la conoscenza della lingua e la buo- na volontà non bastano. A loro vengono richiesti requisiti sempre più difficili da ottenere: lavoro, reddito e casa adeguati, requisiti che oggi, in tempi di crisi genera- lizzata, si fa fatica a mantenere. Da sottolineare come la prove- nienza geografica degli utenti sia stata davvero eterogenea, coinvol- gendo cittadini delle più diverse parti del mondo: dal Marocco allo Sri Lanka, dalla Cina al Perù, dal Brasile al Burkina Faso. I corsi, vista l’eterogeneità delle prove- nienze, hanno beneficiato di un clima multiculturale, anche grazie all’attività di mediazione svolta in aula, clima multiculturale impor- tante per il confronto e lo sviluppo di una società aperta e capace di valorizzare le differenze. Per quanto riguarda l’apprendi- mento della lingua italiana vanno fatte alcune precisazioni. Molti cittadini stranieri sono in Valle da molti anni ma non hanno mai avuto accesso, per diversi motivi, ai corsi di italiano che pure sono numerosi sul territorio valdosta- no. Le donne, soprattutto, giunte attraverso il ricongiungimento familiare, tendono a ricoprire un ruolo subalterno rispetto ai mari- ti e si limitano ad occuparsi della casa e della famiglia, hanno scar- sa vita relazionale, se non all’in- terno della comunità di origine, e evitando così di dover continua- mente richiedere il rinnovo dello stesso, richiesta che ogni volta obbliga ad un esborso economico non indifferente. In questo mo- mento di crisi nel mondo del lavo- ro, molti di questi uomini, magari in disoccupazione o in cerca di occupazione, hanno deciso di fare un saggio investimento di tempo per l’apprendimento della lingua, potendo acquisire nuove com- petenze per migliorare anche la loro situazione lavorativa. La loro esposizione linguistica all’italia- no, infatti, è spesso ridotta ad una limitata lingua specialistica (edili- zia, ristorazione) che necessita di essere integrata con un più ampio lessico e una competenza sintatti- ca indispensabili per proporsi nei vari ambiti lavorativi. Questi utenti si portano dietro il loro bagaglio di conoscenze pre- gresse, sono stati operai, autisti, saldatori o infermieri nel loro Pa- ese d’origine ma, così come per i titoli di studio stranieri, è difficile avere il riconoscimento di queste competenze professionali, soprat- tutto se conseguiti in ambiti non formali o informali. Lo straniero rappresenta sempre una risorsa, se è valorizzato nelle sue compe- tenze e per il suo bagaglio espe- rienziale: lo dimostrano le attività imprenditoriali avviate dai mi- granti, attività legali che portano soldi alle casse dello Stato e pos- sono offrire lavoro anche agli ita- liani. Altro discorso merita la situazione dei cittadini stranieri richiedenti asilo o profughi entrati di recente con l’emergenza nord Africa. Al- cuni di questi, ormai sul territorio confederazione Quale immigrazione in Italia? Riflessioni sulle esperienze dei corsi di italiano e di educazione civica per cittadini stranieri organizzati dalla CGIL Valle d’Aosta

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