Lavoro e diritti in Valle d'Aosta

la funzione pubblica regionale, nella difesa degli interessi globali della collettività… ”. Ancora una volta Carlo Polliotti esprime il bisogno di integrare ogni realtà, ogni avvenimento in un contesto più generale dove siano ben presenti tutti i rapporti di causa ed effetto, e soprattutto una visione globale degli interventi locali. Infatti nella sua relazione continua affermando: “ …è stata abbandonata ogni visione globale di intervento, tanto in merito ai bisogni sociali crescenti che emergono nella società, quanto nel reperimento e nella utilizzazione delle risorse. In tali condizioni non poteva che affermarsi la “logica” del caso per caso, del provvedimento da prendere, e subito, perché questa o quella situazione “scoppia”, senza confrontarsi con il quadro complessivo in cui “quella” determinata situazione si colloca, con il rischio permanente di peggiorare invece di migliorare le cose…Diventano perciò coerenti, rispetto a questa scelta di fondo, l’assenza di criteri di priorità e di selezione negli interventi, per cui l’utilizzo dei meccanismi di incentivazione avviene “a pioggia” , in modo indiscriminato,tale cioè da consentire vaste operazioni speculative, e degradare gli interventi stessi al livello di puri “contributi”, e “sovvenzioni” i quali -nella migliore delle ipotesi- lasciano inalterate le contraddizioni e gli squilibri, favorendo invece deteriori fenomeni di clientelismo, di chiusure in senso corporativo e di divisione di società… ”. Se Polliotti è molto critico sul ruolo svolto dall’Amministrazione regionale non è neppure tenero nello svolgere una riflessione autocritica anche relativa al movimento sindacale. A suo avviso gravi sono i limiti della Federazione unitaria valdostana la quale, anziché essere momento di direzione effettiva del movimento, ha finito per diventare cassa di risonanza di tutte le diversità e contraddizioni ancora presenti nel sindacato. Le debolezze della Federazione hanno influito negativamente sulle capacità espresse nel confronto con il quadro istituzionale, tanto che la vertenza regionale pensata per stimolare una profonda revisione proprio del ruolo e della funzione dell’Amministrazione regionale, di fatto non ha mai decollato. Queste debolezze della direzione politica dell’attività sindacale aggrava la crisi di rapporto di fiducia che già uno zoppicante processo unitario aveva avviato. La relazione svolta al IX Congresso regionale della CGIL il 2 e 3 aprile 1977 e cioè un anno prima che Carlo Polliotti lasciasse l’organizzazione, sembra segnare il punto di arrivo dell’analisi che lo stesso fa della situazione nazionale e regionale. Nell’aprile 1978 Polliotti si commiata dalla CGIL per candidarsi nella lista del PCI alle elezioni regionali. Non verrà eletto: un partito poco convinto di questa sua scelta non lo sostiene. La Valle d’Aosta perde una personalità politica di grande valore. Sarà il sindacato a beneficiare della sua eredità politica per lunghi anni. Sotto la sua direzione la CGIL valdostana è cresciuta in prestigio, in capacità progettuale, in organizzazione, in numero di iscritti. È cresciuta grazie al suo lavoro metodico fatto di ricerca, di approfondimenti puntuali delle tematiche, di scelte rigorose. Il suo impegno, poi, è totale: salvo i momenti in cui partecipa a riunioni, incontri o è presente nei vari luoghi di lavoro, lo si trova immancabilmente nel suo ufficio di Via Aubert anche nei giorni festivi e alla sera dopo cena a studiare, a informarsi dei problemi che dovrà affrontare l’indomani, a costruirsi un puntuale archivio su tutte le questioni inerenti la sua attività. Le relazioni ai congressi e alle riunioni degli organismi dirigenti sono vere e proprie lezioni di politica sindacale grazie alle quali si forma una nuova generazione di attivisti e di dirigenti i quali, seguiti con continuità e attenzione, crescono con la consapevolezza di vedersi consegnare in mano un progetto utile per affrontare le contraddizioni della società che lui evidenzia nelle relazioni stesse. È il progetto in continua evoluzione che vuole perseguire l’obbiettivo di risolvere in Valle d’Aosta i problemi dell’economia e del sistema produttivo, di realizzare le riforme, di garantire i legittimi diritti ai lavoratori e ai cittadini tutti. L’impegno profuso da Carlo Polliotti per tutti i sette anni della sua permanenza in Valle per costruire il nuovo quadro attivo a garanzia di una solida continuità di direzione politica, è fatto di lavoro quotidiano nell’individuare e formare risorse umane. E se ricerca con testardaggine il coinvolgimento di giovani leve da investire nel futuro, non trascura di rivalorizzare i contributi di Sergio Graziola, Giulio Ourlaz, Santino Ghignone e degli altri protagonisti storici del sindacalismo valdostano fin dai tempi della resistenza. Al quadro attivo che lascia, ritirandosi nel Pinerolese, affida in eredità una solida organizzazione, una formazione adeguata ma soprattutto la grande lezione che viene dal suo esempio. Se si provava ammirazione per la grande professionalità politica di Carlo Polliotti, ciò che però più affascinava in particolare i giovani, più sensibili alle battaglie ideali, era la sua totale dedizione alla causa e il suo rigore morale. [ 139

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