Lavoro e diritti in Valle d'Aosta

concrete ma capaci anche di avviare significativi processi di trasformazione. Acquisite le vittorie sugli adeguamenti salariali e per il superamento del cottimo, l’attenzione viene rivolta ai rapporti di potere nei luoghi di lavoro, al controllo della produzione e alle libertà sindacali. Molti di questi obbiettivi sono poi consolidati a livello legislativo con l’approvazione dello Statuto dei diritti dei lavoratori. Carlo Polliotti si trova a guidare la CGIL valdostana in una situazione locale fortemente influenzata da questo contesto generale. L’economia, le logiche gestionali delle aziende, gli obbiettivi delle lotte dei lavoratori, le parole d’ordine dei movimenti sono parte integrante di quanto avviene a livello nazionale. Ciò induce Polliotti a ricercare rapporti sempre più forti con le strutture nazionali della CGIL e con il Piemonte in particolare, al fine di rendere sempre più coerenti le iniziative locali con il percorso più generale del sindacato. Il legame con la CGIL piemontese diventerà così stretto da prevedere la reciproca presenza di responsabili alle sedute dei rispettivi organismi dirigenti. Con lo stesso impegno Polliotti avvia un nuovo corso nel sindacalismo valdostano, fatto di puntuali analisi sia delle problematiche generali sia di quelle locali, in modo da individuare soluzioni integrate ai problemi posti da una economia locale in gran parte dipendente da processi esterni alla Valle d’Aosta, ma con ricadute occupazionali interne, come quelli in cui era coinvolto un tessuto industriale locale fatto soprattutto di aziende con centri decisionali e mercati nazionali o internazionali ( vedi aziende siderurgiche, chimiche, tessili…). Altra attenzione di Polliotti nell’armonizzare problematiche diverse e per qualificare meglio il ruolo delle lotte dei lavoratori, è per lo stretto rapporto che vede fra la ricerca di soluzioni specifiche contrattuali e l’azione per le riforme di interesse per l’intera comunità. A tale proposito è significativo un passaggio della relazione tenuta al Congresso straordinario CGIL Regionale del 8 e 9 luglio 1972: “ Uno dei problemi da affrontare con estrema attenzione è quello del rapporto fra lotte contrattuali e lotte sociali, cioè dell’allargamento del fronte delle lotte operaie a quelle che, partendo dall’azienda, investono problemi a livello di società. Si tratta di arrivare a considerare il contratto non come un semplice strumento riferito ai soli soggetti direttamente interessati, ma anche come mezzo per portare a soluzione una serie di interessi comuni all’intera classe lavoratrice. Non è il caso di ripetere, a pochi giorni di distanza, quanto detto a Saint Vincent a proposito della stretta connessione e collegamento fra lotte contrattuali e lotte di riforme. Si tratta di superare seri ritardi e tendere a trasformare le solite richieste sul piano regionale, ancora generiche e scollegate, in rivendicazioni concrete, credibili, verificate dai lavoratori, ed in quanto tali, trasferibili in piattaforme d’ordine sociale .” Queste riflessioni rappresentano un primo momento di consolidamento di quella che sarà la vertenza regionale la quale impegnerà il sindacato negli anni successivi. Facciamo però un passo indietro per capire in quale contesto questi ragionamenti si inseriscono. La situazione politica regionale agli inizi degli anni ‘70 è in fermento e in qualche modo cerca di sottrarsi al balletto delle crisi dei governi nazionali. L’iniziativa del sindacato non può che inserirsi nelle occasioni che i cambiamenti locali propongono. Già nel maggio 1970 la D.C. valdostana si spacca e nascono gli A.D.P . i quali si presentano come forza moderata, ma con forte vocazione riformista. Simbolica in proposito la nascita del Biennio Sperimentale che rappresenta uno scossone vitale alla scuola valdostana e un tentativo di dare una risposta concreta alle tensioni innovative che scuotono il mondo della scuola in generale. Si delinea anche un’attenzione diversa per le sorti del tessuto produttivo valdostano: preoccupano i dati occupazionali del settore industriale. Un’ analisi presentata in Consiglio regionale evidenzia come dal 1961 al 1969 i dipendenti del settore industriale sono passati da 18.517 a 1 5.557 (- 2.960 ). Inoltre, circa duemila giovani fanno i pendolari in fabbriche fuori Valle. In un documento, sempre del Consiglio regionale, si afferma l’indispensabilità di un dialogo fra la realtà della Cogne, passata in 20 anni da 9.000 a 5.000 addetti, e gli organismi regionali . Oltre che per la Cogne si esprimono preoccupazioni anche per le situazioni di SIRCA DAVIT (settore dolciario); Guinzio e Rossi (alluminio); Brambilla Costruzioni (chimica); Brambilla Filatura(tessile). Sono fra le realtà produttive che con le loro vicissitudini animeranno la storia industriale locale per più di un decennio. Il tessuto industriale valdostano, fatto di aziende le cui produzioni tradizionali (siderurgia, chimica, tessile…) sono sempre più messe in difficoltà dall’affacciarsi in questi settori dei paesi emergenti, a basso costo di manodopera, non trova una soluzione alle sue difficoltà nei nuovi insediamenti aziendali, fragili dal punto di vista di espansione e sviluppo, e perciò destinati a sparizione, a cui invece una politica regionale di incentivazione 136 ]

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