Povertà in VDA. Nota introduttiva Novembre 2016

75 pubblico», fino ai problemi legati all’immigrazione. A questo punto possiamo notare come, pur guardando al fenomeno da diverse angolazioni, alcuni elementi ricorrano nelle rappresentazioni del disagio socio- economico date dai testimoni. Alcuni di questi figurano anche tra quelli a cui vengono imputate le situazioni di svantaggio più importanti: scegliendo da un elenco di problematiche 89 , gli intervistati venivano chiamati ancora una volta a stilare una sorta di classifica, questa volta con un podio a cinque gradini. In assoluto il maggior responsabile delle situazioni di svantaggio è considerato la perdita del lavoro, o lavori precari e discontinui, testimoniando una volta di più come l’occupazione, o meglio un’occupazione stabile, venga considerata centrale nel combattere il disagio socio-economico: come vedremo, questa centralità si riflette anche nelle rappresentazioni relative alle politiche sociali. Più difficile è distinguere tra la seconda e la terza posizione, contesa da separazione e divorzio, solitudine (in prevalenza in soggetti anziani con debole rete familiare), tossicodipendenza o alcolismo, cittadinanza extracomunitaria. A seguire compaiono anche disagio psichico e presenza di patologie invalidanti, che certamente pongono seri ostacoli al benessere complessivo degli individui. Si è detto che l’intervista è stata strutturata in due sezioni tematiche principali, la seconda delle quali verteva nello specifico sulle politiche sociali, sullo stato del welfare regionale, sulla valutazione della recente Legge regionale 18/2015 e sulle eventuali proposte migliorative. In primo luogo veniva chiesto agli intervistati di formulare un giudizio sintetico sul grado di copertura del welfare in Valle d’Aosta, attuale e passato (cinque anni fa), con riferimento in particolare al rischio di povertà e di deprivazione. A questo proposito, gli intervistati indicano un peggioramento del livello di copertura, che scivola da un valore di 3,5 ad uno di 4,8 su una scala da 1 a 10 (dove 1 sta per il livello massimo), collocandosi comunque nella metà superiore certo senza spiccare per efficacia. Nel contesto di una progressiva riduzione delle risorse pubbliche, gli obiettivi che le politiche sociali dovrebbero perseguire, secondo gli intervistati sono quantomeno il mantenimento dei livelli attuali, evitando ulteriori tagli che penalizzerebbero le fasce più deboli, ma più in particolare una «razionalizzazione» degli interventi, date le scarse risorse a disposizione, anche con «l’accorpamento di servizi oggi eccessivamente polverizzati sul territorio e di conseguenza esageratamente costosi». Nella logica del risparmio altri suggeriscono «l’esternalizzazione dei servizi alla popolazione che in questo momento sono troppo cari in quanto gestiti dall’ente pubblico ed ormai insostenibili». Altro punto su cui tornano diversi testimoni è la necessità di una maggiore comunicazione e sinergia tra gli attori presenti sul territorio, con la «messa in rete di pubblico e privato sociale attraverso dinamiche di coprogettazione». Più difficile è individuare invece i bisogni che il sistema di welfare non riesce ad intercettare e soddisfare efficacemente, anche perché viene sollevato il problema dell’esistenza di problematiche e situazioni sommerse, che non riescono (o non sempre) ad essere intercettate dai servizi istituzionali: qui ancora una volta potrebbe essere d’aiuto una maggiore interazioni tra i vari attori coinvolti, anche non istituzionali, come per esempio le parrocchie o le associazioni di volontariato. Per quanto attiene all'aspetto definitorio del concetto di povertà, abbiamo poi chiesto ai nostri testimoni di indicare quali siano, a loro parere, le caratteristiche o le condizioni che fanno di un cittadino una persona povera, e dunque meritevole dell’aiuto e del sostegno delle istituzioni, con l'obiettivo di cogliere quelli che secondo gli intervistati sono i tratti peculiari del fenomeno e le modalità attraverso cui riconoscerlo. Quasi sullo stesso piano emergono, da un lato, la condizione di deprivazione materiale, con la difficoltà a mantenere un livello di «esistenza dignitosa», in mancanza di un «minimo vitale» con cui 89 Perdita del lavoro o lavori precari e discontinui; alloggio inadeguato o perduto per sfratto (in prevalenza per morosità); disagio psichico; separazione e divorzio; esperienze di tossicodipendenza o alcolismo; assenza dei diritti minimi di cittadinanza (stranieri irregolari); competenze tecniche lavorative inadeguate; vittime di usura; dipendenza dal gioco; solitudine (in prevalenza in soggetti anziani con debole rete familiare); evasione scolastica; assenza di un compagno in caso di gravidanza (per lo più donne immigrate); cittadinanza extracomunitaria; nomadismo; presenza di patologie invalidanti.

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