Povertà in VDA. Nota introduttiva Novembre 2016

66 sistema sociale di valori della cultura che li ha prodotti, veicolando implicitamente le rappresentazioni dei fenomeni e le idee sulle funzioni societarie dei sistemi di policy che intervengono su di essi: rilevandone le differenze, si evidenziano anche il complesso di valori culturali e le dinamiche valoriali che definiscono l’ambiente con cui si relazionano gli attori sociali ed istituzionali 61 . Tabella 33. L'introduzione del reddito minimo in alcuni Paesi europei PAESE ANNO PAESE ANNO Regno Unito 1948 Danimarca 1974 Svezia 1956 Irlanda 1975 Germania 1961 Lussemburgo 1986 Paesi Bassi 1973 Francia 1988 Austria 1970 – 1975 Spagna 1995 – 2000 Finlandia 1971 Italia --- Belgio 1973 Grecia --- Portogallo 1996 Fonte: Rapporto Caritas 2015 Le origini degli schemi di reddito minimo risalgono al Secondo Dopoguerra, vale a dire alla fase espansiva del welfare state , quando le misure di sostegno al reddito per i poveri in molti Paesi arrivarono ad assumere le caratteristiche di veri e propri diritti sociali (Ferrera, 2005). Il Regno Unito fu un pioniere in questo ambito, con l’introduzione già nel 1948 di uno schema di reddito minimo; altri Paesi optarono invece inizialmente per schemi rivolti a specifici gruppi sociali, tipicamente gli anziani poveri: così fece tra gli altri l’Italia, che nel 1969 introdusse la pensione sociale. Tuttavia, anche i Paesi che scelsero la via categoriale successivamente allargarono i confini della rete di protezione di ultima istanza al fine di ricomprendervi tutti i cittadini poveri, tant’è che nello scenario attuale l’assenza di uno schema di reddito minimo universale nella struttura dei sistemi di welfare europei rappresenta una lacuna piuttosto vistosa in prospettiva comparativa. Con riferimento al caso italiano, inoltre, la mancata generalizzazione di uno schema di reddito minimo si è associata alla proliferazione di micro-prestazioni soggette a prova dei mezzi, con una varietà di situazioni a livello nazionale che si traducono in tutele diseguali dei cittadini a seconda del luogo in cui vivono. Per quanto riguarda il nostro modello di welfare , la letteratura concorda nell’individuare nel debole ruolo dello Stato (in particolare nel campo della sicurezza sociale) un tratto tipico del cosiddetto modello di welfare state “familista-corporativo” o “mediterraneo”, caratterizzato dal ruolo centrale delle reti familiari, piuttosto che delle politiche pubbliche, nella protezione sociale degli individui. Secondo Cardano et al (2010), la diffusa mancanza di una rete di protezione verso la povertà e l’esclusione sociale, insieme con il sottosviluppo dei servizi sociali, sono elementi che giustificano, almeno in parte, il ruolo dominante giocato dalla famiglia come agente sussidiario del welfare . I tratti essenziali del nostro sistema di welfare (seppure con forti differenze territoriali) sarebbero, secondo gli autori: «l’alto livello di selettività 61 Per un confronto più dettagliato, che non è riproponibile in questa sede, si veda ad esempio la letteratura esaminata in CIES (2012), op. cit.

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