Povertà in VDA. Nota introduttiva Novembre 2016

62 perché non c’è niente nel futuro che dice “stai tranquilla che arrivata lì puoi avere questo”, non c’è, non c’è, quello che può avere mia mamma io non lo potrò avere» (Giovanna); «diciamo che la preoccupazione è più per il futuro, dove ci tagliano tutti i servizi, dove vengono a costare delle stramazzate le strutture, quindi uno dice cosa farò, finché sto così va bene, ma cerco di non pensare troppo al futuro, ecco, però è un pochettino così» (Teresa); «non è tanto il fatto di adesso, cioè, è proprio una paura, un’insicurezza forse, lei che ha una famiglia, cioè chi ha figli queste cose qua, non è tanto un fattore personale quanto proprio la provvisorietà, cioè domani…?» (Alfio). Se da un lato viene espressa dunque una preoccupazione legata alla paura di perdere la propria autosufficienza con l’avanzare dell’età, e di trovarsi nell’impossibilità di ricevere un’assistenza adeguata sia a livello pubblico, sia a livello privato, dall’altro questo sentimento è anche legato ad una delusione delle aspettative che guardavano al periodo della pensione come ad un momento in cui poter finalmente godere dei frutti dei sacrifici di tutta una vita, con la speranza di condurre una vecchiaia serena. «Ecco, quel discorso di dire ho lavorato tutta una vita e quando sono vecchia non sono più in grado di mantenermi! Questo mi dà il fastidio, perché io penso sempre se sto bene così non ho bisogno che nessuno mi venga, però purtroppo ho avuto l’esperienza dei miei genitori […] e quindi mi spaventa questa cosa qua! […] Sono preoccupata perché è una cosa che nella vita non mi aspettavo proprio, uno ha lavorato tutta una vita per una vecchiaia dignitosa e invece a questo punto…» (Vera). «Eppure ho lavorato anch’io una vita eh, non è che non ho lavorato. Quindi è questo, la paura del futuro, esatto, la paura che se hai la pensione, al di là di quello se tu hai mille euro o mille e cinque, che ti arrangi sempre […] però rinuncio a tante cose che prima potevo fare. Ma mia mamma è fortunata, io?!» (Giovanna). Grazie alle testimonianze raccolte ed esposte sin qui, e alla luce del quadro di riferimento esposto nelle sezioni precedenti, ci sembra di poter affermare che la situazione della regione Valle d’Aosta è sicuramente peculiare da più punti di vista. Da un lato, gli ultimi dati disponibili relativi alla povertà nel nostro Paese ci parlano di una regione in forte sofferenza, almeno se paragonata alla media delle regioni del Nord, a causa certamente delle sfavorevoli congiunture economiche a livello globale, ma probabilmente anche di fattori specifici che hanno a che fare con la gestione delle risorse pubbliche e con l’efficacia delle misure di politica sociale e di contrasto alla povertà (che abbiamo visto essere gestite a più livelli, dal locale al nazionale). D’altro canto, le tutele e le agevolazioni di cui ha sempre potuto beneficiare la popolazione valdostana rendono questo territorio un luogo tutto sommato ancora invidiabile agli occhi degli altri connazionali, sebbene abbia anch’esso dovuto fare i conti con una serie di tagli che hanno imposto criteri più selettivi e restrittivi a regolare l’accesso a tali protezioni. Proprio le ultime parole usate dai partecipanti ai focus group sembrano però cogliere il cuore della questione del crescente disagio sociale ed economico riscontrabile tra la popolazione della regione, un disagio percepito , non nel senso di virtuale ed irrealistico, ma in quanto riconosciuto ed osservato davvero nella quotidianità delle persone, che devono fare i conti con una diffusa insicurezza nei confronti di quello che riserverà loro il futuro, con l’angoscia di fronte all’evenienza di una spesa necessaria ed improvvisa, legata in particolar modo alla sfera della salute, data la fascia d’età considerata, e al pericolo di uno scivolamento verso la caduta in uno stato di deprivazione e povertà, con il rischio di perdere quei benefici per costruire i quali si è investita tutta un’esistenza. Se si vuole restituire la speranza di poter affrontare gli eventi che caratterizzano la traiettoria di vita delle persone senza le paure espresse attraverso queste testimonianze, è necessario modificare l’attuale impostazione dei sistemi di welfare , ripensandoli e riprogettandoli, in modi che forse possono essere suggeriti proprio dall’ascolto delle esperienze della popolazione.

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