Povertà in VDA. Nota introduttiva Novembre 2016
60 perché noi poi siamo una regione abbastanza così dove ci sono tutti i villaggi, che c’erano le persone anziane che stavano bene, o che stanno, però non hanno nessuno perché non hanno figli, oppure perché i figli abitano lontani e tutto, e allora ti davano un contributo a questa persona che poi lo doveva dare, doveva individuare una persona, tanto non era un contributo molto, cioè, non so se erano 300-400 euro, però tu eri lì nel paese, la puoi accudire, magari gli facevi anche un piacere a qualcuno che non aveva il lavoro per andare, oggi come oggi anche quello non c’è più». Questo intervento ci porta a considerare la questione dell’impoverimento delle reti familiari, che abbiamo visto essere uno degli aspetti delle trasformazioni demografiche in corso, e che rende particolarmente problematica la situazione degli anziani soli, che non possono contare sul supporto di un nucleo familiare consistente, soprattutto nei momenti di difficoltà o in casi di non autosufficienza. Molti dei partecipanti hanno infatti raccontato di come i propri figli si siano traferiti o stabiliti altrove, come Bianca: «adesso comincio a vedere la vecchiaia che avanza evidentemente, e comincio a capire quanto sarà difficile la mia vecchiaia! Perché io ho due figlie che sono emigrate dieci anni fa, dieci anni fa già, e non torneranno qua, non torneranno mai più. Eppure laureate con 110 e lode tutte e due, ma in Valle d’Aosta…»; o Teresa: «sono preoccupata un po’ come Giovanna del che cosa farò da vecchia perché appunto mio figlio è fuori, adesso siamo ancora in due perché c’è ancora mio marito, ma mi sono chiesta sovente che cosa farò il giorno in cui divento vedova oppure viceversa diventa vedovo lui». Situazioni come queste rendono difficile il mantenimento di quel contratto tra le generazioni basato sullo scambio di aiuti di cura ed economici che rappresenta il cardine della vita familiare e dei sistemi di welfare , ovvero il patto per cui i genitori sostengono i figli fino al raggiungimento dell’autonomia e successivamente i figli sostengono i genitori quando non sono più in grado di far fronte autonomamente al bisogno di cura e assistenza 47 . Come si è detto, tra i temi portati alla discussione dei gruppi c’erano proprio gli scambi generazionali, allo scopo di verificare fino a che punto le reti familiari fungano da supporto nelle varie fasi del ciclo di vita ed arrivino a sostituirsi al sistema di stato sociale. Ovviamente tali scambi sono meno agevoli nel caso delle famiglie come quelle di Bianca e Teresa, ma chi invece può contare sulla vicinanza dei proprio familiari narra effettivamente di questi scambi. Così Ernesto: «giustamente è stato detto da chi è intervenuto precedentemente che i pensionati purtroppo, ecco la situazione anche dei giovani, devono aiutare i giovani, perché hanno un lavoro precario, perché hanno un lavoro precario con degli… non so se si possono chiamare stipendi, ecco, e quindi ovviamente il genitore o il nonno aiuta per portare avanti la situazione familiare»; o Giuseppe, che esprime una certa reciprocità «per fortuna che ho dei, un figlio lo devo aiutare ogni tanto, poi c’è un altro figlio che non ha bisogno e forse mi aiutano a me quando ho bisogno io, quando possono, poi faccio il nonno a tempo pieno, dalla mattina alla sera, prendi un bambino, porta all’asilo, porta qua porta là», esprimendo la preziosa funzione nota a tutti di aiuto per i giovani genitori nell’accudimento dei figli. Adele, che vive in una casa popolare ed ha una pensione bassa, esprime la solidarietà che le offre la figlia: «mia figlia lavora ancora sempre, è stipendiata, anzi mia figlia è autosufficiente, e in più prende una pensione, mia figlia su quel lato lì sta bene, si è comperata la casa, se la sta finendo di pagare, su quello sta bene mia figlia, anzi, è lei che mi aiuta a me, anzi io se vado su a farci le pulizie lei vuole che io prendo i soldi, non vuole che io vada a far ‘sti lavori così». Sono tuttavia più numerosi coloro che enfatizzano un flusso più che altro discendente, dai più anziani ai più giovani, dei supporti, mostrandosi anzi dubbiosi sul fatto che le giovani generazioni possano poi essere in grado di “ricambiare” questi aiuti: «meno male che sia figlia che marito lavorano, però si sono comprati la casa, hanno un mutuo da pagare che costa più il mutuo che tutto il resto, un bambino da crescere, loro non avranno la disponibilità di aiutarmi, capito?!» (Giovanna). Rosa racconta: «sto 47 Cfr. Albertini M. (2007): Il contratto generazionale e la diseguaglianza in Italia. Un conflitto tra generazioni .
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