Definitivo – Direttivo CGIL, 20 giugno 2022 8 contrattare l’organizzazione del lavoro e rivendicare la riduzione generalizzata dell’orario a parità di salario: “lavorare meno per lavorare tutti/e”, redistribuire cioè il lavoro esistente, aumentandolo dove non c’è o è poco, riducendolo dove è troppo. Va costruita una vertenza generalizzata per contrastare la flessibilità e l'aumento delle disponibilità aziendali, il lavoro domenicale e festivo, i part time involontari e i turni spezzati. Bisogna regolare in modo chiaro, universale ed esigibile il diritto alla disconnessione nelle nuove forme di lavoro. Va demistificata la narrazione secondo cui part time, flessibilità e smartworking servono alla conciliazione vita-lavoro, in particolare delle donne, perché, nella maggior parte dei casi, si tratta di decisioni unilaterali e comunque gestite dai datori di lavoro, che non corrispondono affatto a una liberazione, ma anzi a un maggior ricatto e di conseguenza a una maggiore disponibilità ad accettare le necessità dell’impresa, con effetti anche sulla carriera e, nel caso del part time imposto, sul salario e sulle future pensioni. L'obiettivo della conciliazione vita-lavoro per tutte e tutti va ricercato, oltre che diffondendo una cultura di maggiore condivisione della cura tra uomini e donne, rivendicando servizi pubblici diffusi, gratuiti e di migliore qualità, in particolare per l'infanzia e la non autosufficienza, in modo da liberare chi lavora di una parte dei propri compiti di cura, senza che questo ricada su salari e condizioni di lavoro. 4.3 Difendiamo la sicurezza. Mai più morti sul lavoro! Un deciso cambio di passo è ancora più urgente sulla sicurezza. Lo impone la vergognosa media di tre morti al giorno sul lavoro, in aumento, come il numero di infortuni e malattie professionali. Ancora più inaccettabili sono i casi avvenuti nei mesi scorsi di ragazzi giovanissimi morti in alternanza scuola-lavoro o tirocinio. Tutto ciò è la misura dell’assoluto disinteresse, in nome del profitto, verso salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, un dato emerso in modo feroce nella gestione della crisi sanitaria. Prima che si arrivasse a imporre le norme contro il contagio, nei posti di lavoro è accaduto di tutto: persino supermercati e RSA che vietavano l'uso delle mascherine per non spaventare clienti e utenti, fino alle pressioni esercitate da decine di migliaia di imprese non essenziali per ottenere le deroghe dalle prefetture e aggirare il lockdown dopo il 22 marzo 2020. Nemmeno il sacrificio di centinaia di operatori e operatrici sanitarie che hanno perso la vita nel 2020 è servito a imporre una nuova cultura della sicurezza. Dopo la crisi sanitaria, si è tornati alla «normalità», con un nuovo arretramento, dovuto alle maggiori condizioni di precarietà, alla strutturale mancanza di risorse e al mancato investimento sugli enti di sorveglianza, sovraccaricati per due anni anche dai compiti di controllo delle norme Covid. Sui temi legati alla sicurezza è necessario promuovere con radicalità una mobilitazione permanente, fino allo sciopero generale, rifiutando ogni compromesso e ogni monetizzazione di salute e sicurezza. La Cgil deve mobilitarsi, scioperare e costituirsi parte civile per ogni morte sul lavoro, pretendere pene certe e più severe, garantire che ogni lavoratore e lavoratrice, delegato/a, RLS possa denunciare condizioni di rischio senza ritorsioni. Vanno maggiormente istituzionalizzati e coperti da ulteriori titolarità e autonomia gli RLS, anche attraverso l'aumento del monte ore previsto dalle norme vigenti. Ovunque va pretesa, come previsto dalla legge, la consegna del DVR (documento di valutazione dei rischi). Soprattutto si devono pretendere investimenti sui controlli ispettivi, più risorse e più personale per verificare le condizioni di lavoro e il rispetto delle norme di sicurezza. Sugli appalti, oltre a contrastare la precarietà e le disarticolazioni contrattuali, va difesa e implementata la clausola sociale. Va rilanciata una grande campagna per introdurre il reato di omicidio sul lavoro e definita l’istituzione di una Procura nazionale per la sicurezza. Bisogna diffondere la consapevolezza che queste morti non sono incidenti dovuti al caso o alla distrazione. Sono eventi determinati solo in parte da poca formazione, ma soprattutto dal mancato rispetto delle norme, dall'aumento degli orari e dei ritmi, dell'età media di permanenza al lavoro, oltre che dalle condizioni di ricatto, dalla precarietà, dagli appalti e dalla manomissione degli impianti. È necessario su questo recuperare anche un punto di vista di genere, che ponga in modo specifico il tema della salute e della sicurezza delle donne, comprese le molestie sui posti di lavoro (che vanno introdotte come rischio nei DVR), la diversa esposizione e protezione dai rischi, il rapporto tra salute riproduttiva e
RkJQdWJsaXNoZXIy NTczNjg=