Definitivo – Direttivo CGIL, 20 giugno 2022 2 nei fatti in continuità con quella degli anni precedenti, persino più ostinata nel cercare la concertazione e sviluppare nuove forme di codeterminazione che, comunque, in tutta evidenza il governo Draghi non vuole concedere. Una Cgil che, nonostante le divisioni con la Cisl, la loro esplicita subordinazione al governo e al padronato e l’acuirsi delle divergenze tra i rispettivi modelli sindacali, continua a presentare piattaforme unitarie e persino inseguire l’illusione di una unità organica tra le confederazioni. Un’idea che, per i differenti sistemi valoriali e le diverse pratiche sindacali e contrattuali, per noi, è impraticabile. Oggi la Cgil, nel confronto pubblico e nell’azione sindacale, è più moderata di prima di fronte a una Confindustria che è invece più agguerrita che mai, perfino feroce nei momenti più drammatici della crisi sanitaria, quando, nella primavera del 2020, con le pressioni per non istituire subito la zona rossa in Val Seriana e gli slogan #bergamoisrunning e #milanononsiferma, rivendicava senza scrupoli che la produzione non poteva fermarsi, anteponendo gli interessi economici e il profitto alla sicurezza di chi lavora e alla salute di interi territori. Serve, oggi più che mai, una Cgil che, oltre a fare proclami e scrivere grandi documenti, sia in grado di riattivare antagonismo e conflittualità per contrapporsi agli interessi di Confindustria e del governo Draghi. Non serve moderazione, ma al contrario maggiore radicalità, come ha dimostrato la vertenza esemplare di GKN, la fabbrica in provincia di Firenze che è stata occupata il 9 luglio del 2021, diventando protagonista di un vasto movimento di lotta che ha portato in piazza decine di migliaia di persone contro un intero sistema di sfruttamento, fatto di licenziamenti e delocalizzazioni, precarietà, appalti, bassi salari, ingiustizie e sfruttamento. La lotta di un collettivo di fabbrica, dopo decenni, attraverso il protagonismo dei delegati e il rapporto democratico con i lavoratori, è riuscita a dare una prospettiva di cambiamento, proponendo una linea sindacale alternativa, radicale e di lotta, non settaria ma rivendicativa, che ha messo da parte il senso di sconfitta e di rassegnazione e ha saputo costruire, oltre alla necessaria vertenza in tribunale e sui tavoli di trattativa, un movimento di lotta, fatto di legami di solidarietà e di convergenza, tenendo insieme, sotto un'unica parola d’ordine, #INSORGIAMO, il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici con quello ambientalista, della scuola e per la pace. Questo è quello che l'intera Cgil dovrebbe fare, archiviando finalmente anni di concertazione, compatibilità, moderazione salariale, rassegnazione; anni di lotte non fatte (come nel 2011 sulle pensioni), iniziate tardi (come quella contro il Jobs act) oppure non proseguite (come l'ultimo sciopero generale); anni di burocratizzazione dell’organizzazione, enti bilaterali e servizi, patti sociali e allontanamento dai movimenti sociali. Per affrontare le sfide della modernità e del futuro, bisogna guardare avanti, capire e anticipare i cambiamenti organizzativi, le sfide della digitalizzazione, la gig economy, lo sfruttamento 4.0, senza mai smettere di ricercare e ritrovare nella nostra storia e identità, il nostro ruolo antagonista e di classe, valorizzando il protagonismo dei delegati/e e delle lotte. È necessario ricostruire i rapporti di forza nei luoghi del lavoro, sostenere l’autorganizzazione, i comitati di lotta, i coordinamenti, le assemblee di delegati/e nella costruzione delle piattaforme e degli scioperi. È necessario sviluppare una conflittualità diffusa, in grado di riprendere il controllo sul salario e sull'organizzazione del lavoro e ricomporre in una vertenza generale le lotte nei posti di lavoro e nei territori. Lotte come quelle che, a marzo 2020, anticiparono le decisioni dei vertici sindacali e, nella situazione di pericolo determinata dal Covid, portarono autonomamente a chiudere tante fabbriche prima che lo decidesse, fuori tempo massimo, il governo. In poche parole, la Cgil deve recuperare le proprie radici, in questo senso recuperare la piena autonomia da governi e padronato e tornare a essere più "radicale". 2. Lo scenario: il mondo allo sbando. Crisi climatica, pandemia, guerra La crisi dell’attuale capitalismo, trasformando il mondo con velocità e intensità senza precedenti, sta producendo disastri, generando contesti di incertezza, conflitti e rischi sistemici, che moltiplicano le emergenze e le crisi planetarie, determinano e rendono drammatica la scarsità delle risorse energetiche, minerarie e alimentari, pongono in discussione la stessa sopravvivenza dell’umanità. Anche la pandemia di Covid, che ha prodotto milioni di morti nel mondo, è l’effetto di queste dinamiche: la devastazione ambientale, la massiccia urbanizzazione e l’intensificazione degli allevamenti animali. Tutto ciò mette a dura
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