Definitivo – Direttivo CGIL, 20 giugno 2022 17 presenza delle donne, ben oltre le quote, affrontando il tema di un linguaggio più inclusivo e del modo stesso di fare sindacato, vigilando sui meccanismi di selezione dei gruppi dirigenti, sulle modalità e sugli orari del nostro lavoro e delle nostre riunioni. La Cgil deve sostenere, nella reciproca autonomia, il movimento transfemminista internazionale di Nonunadimeno, condividendo finalmente lo sciopero generale dell'8 marzo come strumento di lotta. È importante riprendere, in rapporto con il movimento LGBTQ+, i temi che abbiamo sostenuto per il DDL Zan contro omolesbobitransfobia e abilismo e lanciare nei posti di lavoro una campagna di sensibilizzazione e informazione ma anche di riconoscimento dei diritti sul lavoro delle persone transgender (per esempio, misure di tutela e sostegno per la ricerca e l'accesso al lavoro, il riconoscimento della carriera alias, misure specifiche per la salute e la sicurezza di chi intraprende percorsi teraupeutici o operatori di affermazione di identità di genere, pause o permessi specifici per le terapie, attenzione ai carichi di lavoro nelle fasi post operatorie, bagni genderless ecc). 9. Per una Cgil autonoma e di “strada”, che metta al centro i delegati e le delegate Le forme della rappresentanza sociale e politica vivono ovunque una profonda crisi, alimentata anche dagli effetti della pandemia. Spinte alla disintermediazione e derive individualiste mettono il sindacato di fronte a scelte non più rinviabili. La recente Assemblea di Organizzazione della Cgil a febbraio, in assenza di scelte politiche alternative a quelle del passato, ha riproposto le solite liturgie e non ha determinato alcun vero cambio di passo. Il numero di iscritti/e continua a diminuire. In realtà, ci sarebbe una forte domanda di rappresentanza, sia nei settori tradizionali che in quelli più innovativi, ma non viene intercettata e quasi mai stabilmente organizzata. Il sindacato ha mostrato una profonda insufficienza nella sua azione, a volte assente, a volte inefficace, quasi mai all’altezza della drammaticità della situazione in cui versano il lavoro, i salari, la società e il pianeta stesso a causa della crisi climatica. Occorre prendere atto di questa debolezza, contrastare la sostanziale incapacità della politica di dare risposte ai bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici e stimolare una nuova risposta sindacale progettuale, forte e coraggiosa. Per tornare a incidere bisogna cambiare linea, avere il coraggio di tornare a essere un sindacato conflittuale, rivendicativo e di classe, rompere con il senso di impotenza e sconfitta che spesso ci portiamo dietro, non avere timore di opporci a governi e imprese, soprattutto non avere paura di pronunciare la parola sciopero. Il conflitto non è una colpa, ma uno strumento democratico di rivendicazione dei diritti del mondo del lavoro e, dove è agito, produce giustizia sociale, democrazia, benessere e anche sviluppo. La Cgil deve riscoprire le sue radici antagoniste, rafforzare e riunificare le tante vertenze diffuse e spesso isolate che ci sono, valorizzare l'unità dal basso delle lotte, anche sostenendo forme di auto-organizzazione e coordinamento intersindacale sui temi generali e nelle singole vertenze. L'unità sindacale va ricercata nei luoghi di lavoro, quella dei vertici confederali, in questi anni, è stata spesso un freno alle lotte e ci ha allontanato dai movimenti. È sbagliato proporre il “sindacato unico”. Le differenze con Cisl e Uil esistono ancora e dobbiamo rivendicarle, sia per i valori che ci ispirano, sia per le pratiche sindacali e contrattuali. Non siamo il sindacato che supinamente sostiene imprese e governi, non siamo per la partecipazione nei consigli di amministrazione delle imprese. Siamo il sindacato dei lavoratori e delle lavoratrici, non solo degli iscritti. Siamo il sindacato che si oppone alle politiche antipopolari e si mobilita insieme ai movimenti sociali per la pace, per l'ambiente, per i diritti sociali e civili. La Cgil deve aumentare i luoghi e gli spazi di discussione democratica, promuovere la partecipazione non rituale ma reale alla formazione delle decisioni: questo vuol dire e fare in modo che le nostre scelte non siano calate dall'alto ma siano discusse e poi votate dai lavoratori e dalle lavoratrici. Dobbiamo tornare a dare forza e centralità ai luoghi di lavoro, aumentare la democrazia e fare votare le RSU in ogni posto di lavoro. Serve un cambio di rotta che coinvolga anche il modello organizzativo. La Cgil deve essere un sindacato dell’insieme del Lavoro, che tutela i suoi interessi generali e promuove la sua autonomia dalle imprese, dalle istituzioni e dal quadro politico. Quando l’abbiamo dimenticato, come quando abbiamo accettato la fine della scala mobile e la concertazione, quando non ci siamo opposti alla legge Fornero e alla manomissione
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