Congresso XIX documento 2

Definitivo – Direttivo CGIL, 20 giugno 2022 10 È ora di costruire una grande mobilitazione su questo e pretendere con le lotte quello che ci hanno tolto in questi decenni senza un contrasto sindacale efficace. 6. Diritti e servizi sociali universali. 6.1 Riforma del fisco a partire dalla patrimoniale Lo Stato Sociale, conquistato nel dopoguerra a partire dalle rivendicazioni e dalle lotte del lavoro, permette l’effettivo riconoscimento di diritti universali (salute, istruzione, mobilità, accesso a servizi di base, sostegno sociale). Di fatto, questi servizi rappresentano una componente del salario globale, che integra gli stipendi e deve esser a carico di chi possiede la ricchezza del paese. Così, oggi, non è. Il sistema fiscale è storicamente iniquo e incrementa le disuguaglianze, drenando le risorse dal Lavoro al Capitale. Ad esempio, dal 2008 ad oggi le entrate dalla tassazione sulle persone sono aumentate (Irpef locale +40%, Imu-Tasi +91%), quelle sul Capitale sono diminuite (IRES -35%, IRAP -44%, rendite finanziarie -36%). I recenti interventi del governo Draghi hanno aumentato questa forbice. Da tempo, la Cgil afferma che questo è uno dei principali problemi del paese. Queste parole non si sono però tradotte in pratica vertenziale, a volte perseguendo soluzioni persino sbagliate, come per la defiscalizzazione di straordinari, welfare aziendale e salario accessorio. La Cgil deve organizzare una mobilitazione contro il fiscal compact (il patto di bilancio europeo che costringe i Governi europei a ridurre la spesa sociale) e i Trattati che impongono austerità, per abrogare l’obbligo di pareggio di bilancio dalle Costituzioni, per l’annullamento del debito, per costruire vertenze e coordinamenti europei. In questo quadro, è importante rivendicare una tassazione fortemente progressiva, con una drastica riduzione delle aliquote su dipendenti e pensionati/e, contro ogni proposta di flax tax (cioè un’unica bassa aliquota sul reddito delle persone fisiche invece delle attuali quattro, a seconda del livello di reddito). Al tempo stesso, va rivendicata la riduzione delle imposte indirette (cioè quelle legate alla spesa, che quindi pagano tutti, come l’IVA), l’introduzione di forti tassazioni sulle rendite e i movimenti di capitali, una patrimoniale sui grandi patrimoni, un serio contrasto all’evasione e elusione fiscale 6.2 La sanità deve essere pubblica, gratuita e di qualità L’emergenza sanitaria ha avuto un impatto drammatico sui servizi pubblici, a partire dalla sanità, già sotto organico e massacrata da decenni di tagli, privatizzazioni e regionalizzazioni. La retorica degli “angeli della corsia” ha nascosto una scomoda verità: gli “eroi” hanno stipendi molto al di sotto della media europea, turni oltre il limite della sopportazione psicofisica e sono stati mandati in trincea nel più completo caos gestionale e senza tutele per la salute. Decenni di tagli (37 mld tra 2010 e 2020) hanno ridotto la sanità pubblica a un colabrodo. La tragedia del 2020 non è stata una fatalità, ma la conseguenza dell’aver smantellato la sanità pubblica e favorito quella privata. La lotta al Covid ha gravato sulle spalle del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), mentre i privati hanno continuato a fare profitti con le prestazioni non urgenti. Dalla pandemia, governo e istituzioni non hanno imparato nulla e continuano a perseguire le stesse politiche: appena l’emergenza sanitaria si è affievolita, sono tornati all’attacco e, mentre, da un lato, hanno trovato senza difficoltà altri 13 miliardi per le spese militari, dall’altro, hanno ridotto ulteriormente la spesa sanitaria. Lavoratori e lavoratrici della sanità assunti con contratti precari per far fronte all’emergenza sono stati mandati a casa. I pronto-soccorso, una volta tornati alla fase pre-pandemica, sono rientrati nel caos per la carenza di personale medico e infermieristico. Il governo Draghi ha stabilito un taglio della spesa sanitaria nel triennio 2023-25 di tasso medio annuo dello 0,6%. Il rapporto tra spesa sanitaria e Pil passerà al 6,2% nel 2025, uno tra i più bassi dei paesi Ocse. Un business per gruppi privati dal momento che il SSN non sarà in grado di garantire la prevenzione, la cura, il diritto alla salute di tutti/e. Già ora, milioni di persone rinunciano alle cure, a visite specialistiche e di prevenzione a causa delle lunghe liste di attesa o per ragioni di carattere economico. È necessario un significativo aumento dei fondi destinati al SSN a partire dalla restituzione immediata delle decine di miliardi tagliati; la percentuale del Pil destinata alla sanità deve essere raddoppiata. Le strutture sanitarie private convenzionate, tipiche del modello Lombardia, sottraggono fondi al pubblico; i servizi resi da quelle strutture devono essere ripubblicizzati e chi ci lavora deve essere riassorbito dal SSN.

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