Itaca n. 18

17 C O N S I G L I D I L E T T U R A Antonella Roncarolo ale sempre la pena parlare de “La Montagna Incantata” di Thomas Mann, (“La Montagna Magica”, nelle ultime traduzioni), un’opera monumentale che si staglia come un colosso nella letteratura del XX secolo, affrontando temi universali come la vita, la malattia, la morte, il tempo e il senso dell’esistenza. Certo, scrivere di questi temi in una sola pagina sembra quasi irrispettoso, occorrerebbero dieci, cento, mille pagine, ma il mio fine sarà solo quello di dare un la, un incoraggiamento alla lettura di quello che è definito il “romanzo che racconta il mondo”. Thomas Mann ci mise mano nel 1912, per poi sospenderlo a causa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Ci lavorò di nuovo dal 1919 e, finalmente, lo pubblicò nel 1924. È un romanzo che si legge su più livelli con molti approcci di lettura, come molti sono i sentieri e le vie che salgono verso la vetta di una montagna. È un romanzo da leggere adagio, è, in tutti i sensi, una montagna da scalare: in letteratura ci sono le belle e piacevoli passeggiate nei boschi e poi ci sono le grandi vette che richiedono allenamento e dedizione. Uno dei temi del romanzo è la malattia, esplorata dall’autore non solo come perdita della salute, ma come un fenomeno complesso e multidimensionale. Mann colloca la sua storia in un sanatorio a Davos in Svizzera, dove il protagonista, il giovane ingegnere Hans Castorp, si reca per una breve visita al cugino ricoverato per tisi, visita che si trasformerà in un soggiorno di sette anni. L'isolamento dal mondo esterno e l’atmosfera rarefatta della montagna diventano il palcoscenico per un'esplorazione profonda del corpo umano e della psiche, visti anche attraverso le ultime conquiste della modernità come i raggi X e la psicoanalisi. L’antitesi tra la malattia e l’ossessione di vivere è palpabile nel sontuoso ed elegante sanatorio, dove i pazienti, sebbene affetti da malattie polmonari, partecipano a banchetti, balli e discorsi intellettuali, cercando una forma di equilibrio durante il loro lungo periodo di convalescenza che può portarli alla guarigione, ma anche alla morte. La salute è anche una condizione di armonia con la natura. La montagna stessa, con i suoi paesaggi sublimi ed il suo clima severo, è quasi un personaggio che influisce sulla psiche dei residenti del sanatorio, forzandoli a confrontarsi con i propri limiti e ad ascoltare i ritmi più profondi dell’esistenza. Mann usa, inoltre, la salute come metafora per il riappropriarsi della parola, il logos, che ha perso il suo significato originario. Hans Castorp, in particolare, attraverso la sua trasformazione e la ricerca di conoscenza, cerca di capire cosa significhi realmente vivere in un mondo che sembra sempre più ossessionato dalla mera sopravvivenza fisica, mentre si trova sul bordo del baratro della guerra. V

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