Itaca n. 17

2 Francesco Cicchi Ama Festival Ama Festival I Care Giovani volontari degli anni Ottanta, in una provincia del centro Italia, relativamente lontana dal clamore della cronaca nazionale. Eravamo soltanto questo. Portavamo con noi il mondo dei cantautori, di De André, Jim Morrison, Bob Dylan, e la “primavera” di Alda Merini. L’accoglienza dei fragili rappresentava per noi una scelta libera. Un’esigenza spontanea di avvicinarci ad un’umanità indifferenziata, che, ogni giorno, richiedeva una qualsiasi forma di aiuto. Eravamo noi i testimoni di quel popolo di dimenticati che vivevano disseminati per le strade, e che una certa società benpensante aveva scelto di nascondere sotto lo zerbino, come si fa per un fastidio difficile da gestire. Persone randagie, private di tutto, che, bussando alla nostra porta, ci coglievano impreparati, con le quali capitava di scontrarci duramente ed alle quali, molto spesso, non potevamo offrire nient’altro che i nostri limiti. Le nostre risorse materiali, non di rado, scarseggiavano, così cercavamo di porre rimedio a questa situazione moltiplicando le ore di lavoro. Imparammo a nostre spese che il nostro ruolo, sebbene avessimo poco più di vent’anni, era un impegno molto differente da chi decide che la giornata di lavoro è finita, timbrando un cartellino. Le nostre giornate, invece, spesso non avevano una fine, ma si protraevano ad oltranza, tra ripetuti turni notturni, quasi senza che ce ne accorgessimo. Prendersi cura dei fragili non era un “aristocratico” atto di carità, ma una “merce di scambio”. Ciò che quotidianamente ci veniva richiesto era, cioè, di assumere un atteggiamento differente da chi ci aveva preceduto: dovevamo entrare in un tessuto, le cui fibre intrecciate rappresentavano i diritti ed i doveri di una società intera. Quello che segue è uno stralcio del libro La stanza degli ospiti, scritto da Francesco Cicchi con Alessandra Morelli, di prossima uscita. È la storia della Cooperativa Ama Aquilone, un racconto autentico, come lo sguardo di chi l’ha scritto, ogni giorno, fin dalle origini.

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